Grazie alle immagini ottenute con il telescopio spaziale Hubble è stato possibile confermare che tre supernovae scoperte alcuni anni fa sono esplose nel buio dello spazio intergalattico, dopo essere state espulse dalle loro galassie ospiti milioni o miliardi di anni prima.
La maggior parte delle supernovae si trovano all’interno di galassie che contengono centinaia di miliardi di stelle, delle quali si stima ne possano esplodere circa una al secolo. Queste supernove solitarie, tuttavia, sono state trovate tra una galassia e l’altra in tre grandi ammassi, contenenti diverse migliaia di galassie ciascuno. Le stelle più vicine si trovavano più o meno a 300 anni luce di distanza, quasi 100 volte più distanti di Proxima Centauri, la stella più vicina al nostro Sole, a poco più di 4 anni luce da noi.
Queste supernovae solitarie sono rare e forniscono indizi importanti su ciò che possiamo trovare negli ampi spazi vuoti che separano le galassie. Grazie a oggetti celesti come questi gli astronomi possono capire come si sono formati e come sono evoluti gli ammassi di galassie.
Tali mondi solitari hanno ricordato a Melissa Graham, ricercatrice post-dottorato presso l’Università della California a capo di questo studio, nonché accanita fan di fantascienza, della stella Thrial, che nel romanzo di Iain Banks dal titolo “Against a Dark Background” si trova a un milione di anni luce da qualsiasi altra stella. Uno dei suoi pianeti abitati, Golter, ha un cielo notturno quasi privo di stelle.
Gran parte dei pianeti in orbita intorno a queste stelle isolate (tutte stelle vecchie e compatte esplose in cosiddette supernovae di tipo Ia) sarebbe stato senza dubbio distrutto dall’esplosione, ma anche loro, come Golter, avrebbero avuto un cielo notturno privo di stelle luminose, ha dichiarato Graham. La densità di stelle tra un ammasso di galassie e l’altro è pari a circa un milionesimo di ciò che vediamo dalla Terra. «Sarebbe stato uno sfondo piuttosto scuro in effetti», ha spiegato, «popolato solo da macchie deboli e sfocate delle galassie più vicine e più brillanti».
Graham e i suoi colleghi, David Sand della Texas Tech University, Dennis Zaritsky della University of Arizona e Chris Pritchet della University of Victoria, hanno raccolto le loro analisi di queste tre stelle in un articolo presentato oggi, 5 giugno, durante una conferenza sulle supernove alla North Carolina State University di Raleigh. Il loro lavoro è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal.
Il nuovo studio conferma la scoperta, avvenuta tra il 2008 e il 2010, di tre supernovae apparentemente prive di galassie ospiti ottenuta durante la campagna osservativa Multi-Epoch Nearby Cluster Survey che è stata condotta utilizzando il Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT) sul Mauna Kea alle Hawaii. Il CFHT non era stato in grado di escludere la presenza di una debole galassia che ospita queste supernovae. Ma la sensibilità e la risoluzione delle immagini dell’Advanced Camera for Surveys a bordo dell’Hubble Space Telescope sono 10 volte maggiori e mostrano chiaramente che le supernovae sono esplose in uno spazio vuoto, lontano da ogni galassia. Ne deduciamo quindi che appartenevano ad una popolazione di stelle solitarie, così come se ne vedono nella maggior parte degli ammassi di galassie, ha detto Graham.
Mentre le stelle e le supernovae tipicamente si trovano all’interno di galassie, secondo recenti studi le galassie che appartengono ad ammassi particolarmente massicci sperimentano forze gravitazionali in grado di strappare via circa il 15% delle stelle. Questi ammassi contengono così tanta massa, però, che le stelle espulse restano legate gravitazionalmente nelle regioni scarsamente popolate tra una galassia e l’altra.
Una volta rilasciate nello spazio, queste stelle solitarie sono troppo deboli per poterle osservare individualmente, a meno che non esplodono come supernovae. Graham e i suoi colleghi sono alla ricerca di supernovae nello spazio tra una galassia e l’altra all’interno di un ammasso, perché intendono usarle come traccianti della popolazione di stelle invisibili. Tali informazioni forniscono indizi circa la formazione e l’evoluzione delle strutture su larga scala nell’Universo.
«Abbiamo fornito la migliore prova fino ad ora raccolta che le stelle isolate esplodono proprio come supernovae di tipo Ia», ha spiegato Graham, «e abbiamo confermato che le supernovae senza galassie ospiti possono essere utilizzate per tracciare la popolazione di stelle isolate all’interno dell’ammasso, informazione fondamentale per poter estendere questa tecnica agli ammassi più lontani».
Una delle quattro supernovae (in alto nell’immagine del 2009) potrebbe far parte di una galassia nana o di ammasso globulare, visibile nell’immagine del dicembre 2013 ottenuta con l’Hubble Space Telescope (in basso). Crediti: Melissa Graham, CFHT e HST
Graham e colleghi hanno anche scoperto che c’è una quarta stella in esplosione scoperta da CFHT, e questa stella sembra trovarsi all’interno di una regione circolare rossa che potrebbe essere una piccola galassia o un ammasso globulare. Se la stella esplosa facesse in realtà parte di un ammasso globulare, sarebbe la prima conferma sperimentale di un’esplosione di supernova all’interno di questi piccoli e densi ammassi da meno di un milione di stelle. Tutte e quattro le supernovae sono state osservate in ammassi di galassie che distano circa un miliardo di anni luce dalla Terra.
«Dal momento che negli ammassi globulari ci sono molte meno stelle, ci aspettiamo di osservare solo una piccola frazione del supernovae in questi sistemi stellari», ha dichiarato Graham. «Questo potrebbe essere il primo caso confermato, e potrebbe indicare che la frazione di stelle che esplodono come supernovae maggiore di quanto ci aspettiamo sia per galassie di piccola massa che negli ammassi globulari».
Graham ha inoltre spiegato che la maggior parte dei modelli teorici per le supernovae di tipo Ia comporta la presenza di un sistema binario, perciò le stelle che esplodono dovrebbero aver avuto una compagna durante la loro vita.
«Questa non è una storia d’amore, però», ha aggiunto. «La stella compagna poteva essere una nana bianca di piccola massa che si è avvicinata troppo ed è stata cannibalizzata dalla stella primaria, oppure una stella normale, da cui la nana bianca primaria ruba gli strati esterni di gas. Ad ogni modo, questo trasferimento di massa porterebbe la stella primaria a diventare massiccia e instabile, causandone quindi l’esplosione di supernova di tipo Ia».
Fonte: Media INAF | Scritto da Elisa Nichelli