Le supernovae più antiche dell’Universo

Creato il 19 dicembre 2013 da Media Inaf

Sono i dinosauri delle supernovae. Tutt'altro che estinte, erano molto comuni nell'Universo primordiale. SNLS 06D4eu e SNLS 07D2bv, scoperte tra il 2006 e il 2007, sono due supernovae super luminose con una forte carenza di idrogeno. Molto più antiche del Sole, sono 100 volte più luminose di una normale supernova. Lo studio su Astrophysical Journal.

di Eleonora Ferroni

Una piccola porzione della Supernova Legacy Survey. Si vede SNLS-06D4eu e la sua galassia ospite (freccia): sono così distanti che entrambi sono un minuscolo punto di luce che non può essere chiaramente differenziato in questa immagine. I grandi oggetti luminosi, con punte sono stelle nella nostra galassia. Ogni altro punto di luce è una galassia lontana. (Crediti: Immagine per gentile concessione della University of California – Santa Barbara)

Una coppia dei supernovae scoperte tra il 2006 e il 2007 sono ormai considerate due tra gli oggetti più brillanti mai avvistati. Si tratta di un risultato ottenuto nell’ambito del programma Supernova Legacy Survey (SNLS) da un gruppo di astronomi che ha avvistato due supernovae a 10 miliardi di anni luce dalla Terra e centinaia di volte più luminose di una normale supernova. La domanda che si pongono gli scienziati è come le due esplosioni stellari possono emettere tanta luce? Il meccanismo che porta all’esplosione di una stella (il collasso di una stella gigante in un buco nero o in una stella di neutroni) non può spiegare, infatti, questa intensa luminosità.

Al momento della scoperta, ha detto Andrew Howell, dell’Osservatorio del Global Telescope Network (LCOGT), «non sapevamo come classificare questi due oggetti e non capivamo se si trovassero nella nostra galassia o in una più distante. Ho mostrato i risultati delle osservazioni durante una conferenza e nessuno ha supposto allora che si trattasse proprio di due supernovae molto distanti e così luminose. Pensavamo fosse impossibile».

SNLS-06D4eu è la più distante e molto probabilmente la più luminosa di un’intera classe di oggetti simili chiamati supernovae super luminose. Nello specifico, i due oggetti scoperti da questo gruppo di ricercatori sono ancora più particolari e rari perché non hanno idrogeno. L’altra supernova si chiama SNLS 07D2bv.

Dallo studio, che verrà pubblicato sul numero di domani di Astrophysical Journal, si evince che le supernovae sono probabilmente alimentati dalla creazione di una magnetar, vale a dire una stella di neutroni che possiede un enorme campo magnetico e che gira centinaia di volte al secondo. Quando una stella gigante collassa in una stella di neutroni il suo campo magnetico cresce in potenza. Le magnetar hanno la massa del Sole, in dimensioni molto molto più piccole e hanno campi magnetici un centinaio di miliardi di volte quello della Terra. Mentre alcune di queste supernovae super luminose sono state viste da quando è stata annunciata la loro esistenza nel corso del 2009, e la creazione di una magnetar è stato ipotizzata anni fa come possibile fonte di energia, i risultati del team guidato da Howell è il primo a mettere in correlazione i due fenomeni, quindi l’esplosione di una supernova e la nascita di una magnetar.

Gli astronomi sono arrivati alle loro conclusioni utilizzando dei modelli di supernovae. Daniel Kasen, del Lawrence Berkeley National Lab, ha scoperto che la stella era inizialmente molto più grande prima di perdere i suoi strati esterni per poi esplodere lasciando un piccolo nucleo nudo. Da quel momento in poi la “piccola” stella ha cominciato a ruotare velocemente prima di morire definitivamente. È a questo punto che il nucleo ormai collassato avrebbe creato la magnetar: l’energia generata dalla velocità si sarebbe trasformata in enorme energia magnetica.

Scoperte grazie al lavoro combinato del Canada-France-Hawaii Telescope, del Very Large Telescope (VLT) dei telescopi Gemini e Keck, ci sono voluti anni e anni di osservazioni per determinare la loro posizione precisa e la quantità di energia che producono. Nate quando l’universo aveva “solo” 4 miliardi di anni, sono decisamente più anziane del nostro Sole. «Nello stesso punto c’era un’altra stella che poi è morta e dalle cui nubi e gas sono nati il Sole e il Sistema solare», ha aggiunto Howell. «Adesso i fotoni di queste supernovae colpiscono la Terra 10 miliardi di anni dopo».

Queste supernovae sono rare e ne nasce una ogni 10.000 supernovae normali. Sembrano essere esplose preferibilmente in galassie più primitive – quelli con minori quantità di elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio – che erano più comuni nell’universo primordiale. SNLS 06D4eu e SNLS 07D2bv sono così distanti che la luce ultravioletta (UV) emessa nell’esplosione si è persa dall’espansione dell’universo fino a quando si è spostata verso il rosso (aumentando la sua lunghezza d’onda) e diventando quindi visibile ai nostri occhi e ai nostri telescopi. Questo spiega perché gli astronomi sono stati inizialmente sconcertati: le supernovae super luminose sono così calde che il picco della loro emissione di luce si trova nella parte UV dello spettro e dato la luce ultravioletta è bloccata dall’atmosfera terrestre, non era mai stato osservato prima un fenomeno simile.

Per saperne di più:

Leggi lo studio su Astrophysical Journal: Two superluminous supernovae from the early universe discovered by the Supernova Legacy Survey“, di D. A. Howell, et al.

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni



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