Sicuramente, Laudato si', la recente lettera circolare (in gergo, enciclica), è destinata a far discutere, non solo i cattolici. Sicuramente si tratta di un testo innovativo, e per qualche aspetto rivoluzionario, che si inserisce in un dibattito che non può non coinvolgere ogni individuo ragionevole.
Tuttavia mi sembra utile evidenziare qui, non tanto i pur importanti contenuti, peraltro già analizzati da molti esperti sotto diverse angolazioni, quanto piuttosto quelle che mi sembrano vere " svolte" sul piano metodologico. Cioè dal punto di vista del tipo di approccio alle questioni della conoscenza e dell'esistenza umana.
Certo, non pretendo di interpretare le intenzioni di Papa Francesco, ma mi pare che tutta l'argomentazione della Lettera implichi, oltre che premesse teologiche e di fede, significativi presupposti, che a me paiono "svolte" ermeneutiche e veri principi epistemologici.
Ne indico solo due.
Prima di tutto mi pare evidente un invito, nell'analisi dei problemi, a " decentrare" la prospettiva, e cioè il punto di osservazione, dall'uomo, e anche dalla chiesa, al cosmo. In termini "teologici" si direbbe: al creato, alla creazione.
Penso che qui emerga anche uno dei significati di quell'invito a "uscire" che sembra tipico del linguaggio di questo Papa. E allora, decentramento dall'uomo verso il cosmo: perché, diciamo la verità, purtroppo quando si parla di primato dell' "uomo", o di umanità, si tratta quasi sempre di popolo, di chiesa, di nazione, di etnia, di gruppo, di parte, di classe, di territorio..., e questo non basta più. Occorre assumere l'ottica inversa: dal cosmo guardare all'uomo, ai popoli, alle chiese, alle nazioni, alle culture, ai territori...ecc., e da lì riconsiderare le questioni, se vogliamo trovare vere soluzioni ai problemi.
L'idea che tutto , continuamente ripetuta nella Lettera, diventa comprensibile e feconda, solo se ci si pone dal punto di vista del cosmo, del primato del creato. Questa visione non considera gli esseri umani al di sopra o al di fuori del creato e non assegna alla natura un valore solo strumentale, o di utilizzo. Essa non vede il mondo come una serie di oggetti separati, ma come una "rete" di fenomeni che sono fondamentalmente interconnessi e interdipendenti. Questo "nuovo paradigma" riconosce il valore intrinseco di tutti gli esseri e considera gli esseri umani come un filo particolare nella trama della vita. Lo "scopo finale delle altre creature non siamo noi".
Dice bene il Papa: occorre, a partire da questa ottica, anche una ridefinizione dell'antropologia e anche dell'antropologia cristiana, perché una "presentazione inadeguata" dell'antropologia cristiana ha finito per promuovere una concezione errata della relazione dell'essere umano con il mondo, con gli altri, e anche con Dio.
L'altro presupposto, che mi pare implicito nel testo di Laudato si', ha a che fare con l'idea stessa di conoscenza e di scienza. Si invita a uscire da una visione della conoscenza e della scienza come edificio di conoscenze neutrali e oggettive e passare a una visione di " scienza epistemica", come direbbe F. Capra. Cioè a privilegiare l'epistemologia: a includere quindi nelle descrizione dei fenomeni la comprensione del " processo della conoscenza".
"La scienza e la tecnologia non sono neutrali, si legge nella Lettera, ma possono implicare dall'inizio alla fine di un processo diverse intenzioni e possibilità, e possono configurarsi in vari modi" e secondo vari interessi, i quali andrebbero perciò esplicitati.
Insomma, occorre considerare che le " condizioni" materiali di vita in cui vengono elaborate conoscenze, teorie e saperi, condizionano il tipo di conoscenze, il tipo di teorie, il tipo di saperi e soluzioni. Occorre sempre domandarsi: quali interessi, quali intenzioni, quali finalità di potere o di guadagno, stanno all'origine di conoscenze, analisi, informazioni, teorie, soluzioni, saperi?
Ha proprio ragione Papa Francesco: chi vive e riflette "a partire dalla comodità di uno sviluppo e di una qualità di vita che non sono alla portata della maggior parte della popolazione umana", come può arrivare alla verità della condizione umana?
Domanda molto interessante che riguarda esperti, studiosi, e tanti "professionisti, opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere" ubicati lontano dalle condizioni di vita reali, magari residenti "in aree urbane isolate" ed esclusive, senza contatti reali e diretti con i problemi quotidiani della maggior parte della popolazione mondiale.
Ma forse la stessa domanda, nelle intenzioni del Papa Francesco, ha a che fare anche con il suo continuo anelito a una "chiesa povera e con i poveri" che sia capace di uscire per incrociare nelle "periferie" del mondo, della storia, delle culture, vite, voci e saggezze continuamente spente dalla forza dei paradigmi dominanti e da sistemi di rapporti umani che appaiono "strutturalmente" perversi!