Più libri, più liberi quest’anno ha sancito il passaggio auto celebrativo dal nome all’aggettivo. Il sottotitolo recitava “Ogni anno più fiera”. E in effetti cinque giorni (contro i quattro del 2009), 430 editori partecipanti (15 in più della scorsa edizione), oltre 300 incontri e 700 tra scrittori e altri invitati possono anche motivarne il vanto. Ma la poca eleganza della raffica numerica stavolta l’abbiamo già relegata in un cantuccio. Quello che interessa di quest’ultima edizione è la pluralità di letture che dello stesso evento si possono dare in base ai diversi punti di vista. In questo senso, forse è meglio dire che ci sono “ogni anno più fiere”.
C’è la fiera delle apparizioni, per esempio. L’apertura nella prima serata con l’omaggio di Andrea Camilleri e Adriano Sofri a Elvira Sellerio è stata l’unica occasione in cui poter avvistare qualcuno della casa editrice; per il resto del tempo il presidio è stato gestito da operatori locali addetti a registrare gli introiti sulle ultime uscite, tra cui Il re dei giochi, terzo libro di Marco Malvaldi con le indagini dei quattro vecchietti del BarLume. C’è la fiera degli imprevisti, come quelli capitati al Gruppo Bonanno che, a causa di un incidente occorso al corriere, si è appoggiato a uno sparuto rifornimento d’urgenza del suo distributore e ha avuto lo stand mezzo vuoto per i primi tre giorni.
C’è la fiera degli invisibili, quelli che non possono affittare uno stand e sistemano i propri volumi sugli scaffali di una bibliolibreria comune. Al riparo dalla bolgia dei corridoi, in questo ambiente meno frequentato, meno magnetico senza interlocutori e rappresentanti diretti degli editori, trovarsi accanto qualcuno che fruga tra gli stessi libri che attirano la tua attenzione sembra la conferma di un valore aggiunto della casa editrice, capace di farsi notare anche ‘in absentia’. Mi è successo con le edizioni Qanat, di cui ho condiviso con un tizio l’interrogativo sulle tre copertine diverse di Niente accade. Niente, pessimistico titolo di una raccolta di racconti di Elio Carreca, Sandro La Rosa e Antonio Musotto. La casa palermitana ha spedito alla fiera anche il primo numero di una nuova collana diretta da Antonio Garrisi sul mondo dei sordi, Occhi che sentono, storia sociale di chi affida la propria espressione all’arte del gesto.
C’è la fiera dei resistenti come la Nuova Ipsa che con un sorriso trasparente e amaro prende atto di avercela fatta anche quest’anno a venire, a differenza del collega Armando Siciliano. La pazienza di accettare decine di manoscritti lasciati in visione da sedicenti poeti, la trovata di accompagnare i libri venduti con un mazzo di carte in omaggio, la fiducia nello zoccolo duro del loro target storico con la nuova collana pocket Clinica Homoepathica, l’investimento passionale su un’edizione dell’Odissea tradotta da Giovanni Monti e illustrata meravigliosamente da Emanuele Diliberto, la preparazione di un libro con cd allegato sulla storia delle serenate siciliane curata dal maestro Piscopo, la scommessa su un nuovo sito in cui è possibile anche acquistare i libri, la tenacia con cui cercare un distributore nazionale.
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