Pace raffigurante la Vergine Addolorata, coll. priv. N. Pensabene (ph. N. Pensabene)
In passato, durante la celebrazione della messa, lo scambio del segno di pace era rappresentato da un abbraccio oppure da un bacio. Intorno al 1198, nelle funzioni liturgiche non si usò più dividere gli uomini dalle donne e pertanto, decadendo anche il divieto di scambiarsi il segno della pace tra sessi diversi, questo gesto di pura carità rischiava di diventare occasione per compiere un atto d’impurità.
La Chiesa preoccupata di conservare il decoro della sacra funzione e per ovviare agli abusi della malizia umana, poiché gli uomini baciavano furtivamente le donne, verso la prima metà del XIII secolo introdusse per mezzo dei francescani il cosiddetto osculum pacis (bacio della pace). Si trattava di una tavoletta, detta appunto “della pace”, costruita in metallo con decori a sbalzo raffiguranti una scena sacra e montata su un supporto di legno dietro al quale era installato un sostegno per poterla mantenere eretta sull’altare. L’officiante, dopo l’Agnus Dei secondo il rito di san Pio V, passava l’osculatorio al diacono e da questi al suddiacono che la consegnava ai fedeli i quali lo scambiavano di mano in mano dopo averlo baciato. L’uso della tavoletta fu definitivamente abolito in seguito alla riforma liturgica realizzata dal Concilio Vaticano II (1962-1965).
Ogni cosa che cessa di essere utilizzata, esclusi quei pochi cultori-collezionisti, è destinata all’oblio e così anche le “paci” sono divenute ormai oggetti anonimi che, nel migliore dei casi, si apprezzano più per la fattura che per il valore storico. In effetti, questi oggetti sono spesso delle vere e proprie opere d’arte eseguite con materiali preziosi, quali l’oro e l’argento, ma nei casi di fatture più povere è molto facile ritrovarle abbandonate nei sottotetti delle chiese o sui banchi di un rigattiere.
Il poeta copertinese Nino Pensabene, uomo di estrema sensibilità artistica e storica nonché marito della famosa antropologa Giulietta Livraghi Verdesca Zain, mi raccontava che frugando nella soffitta della sua casa-museo di Copertino fu attratto dall’effigie in metallo di una Vergine Addolorata ricavata a sbalzo. La figura della Vergine, mi diceva, era talmente pietosa e così piena di “spiritualità” che decise di restaurarla personalmente e solo dopo seppe che si trattava di una tavoletta della pace.
Ancora una volta, c’è da dire, si può constatare quanto la storia aiuti a riflettere sul presente e, in questo caso, se tutti rammentassimo il valore spirituale di queste tavolette nelle quali la pace assurge a gesto di carità, amore e fratellanza, allora saremmo consci che oggi essa è pericolosamente divenuta sinonimo di utopia.