Mosca ha pochi giorni fa annunciato l’apertura di una linea di credito da 200 milioni di dollari in favore dell’Armenia per consentirle l’acquisto di modernissimi sistemi missilistici russi, da quelli anti-carro a quelli anti-aereo portatili, oltre che accessori per ammodernare i carri armati attualmente in dotazione all’esercito armeno. La decisione russa di diffondere la notizia della consegna delle armi a Yerevan è alquanto anomala. In primis perché la Russia ha finora sempre rispettato la scelta politica dell’Armenia di mantenere una forte riservatezza sulle proprie spese militari, per evitare fughe di informazioni verso l’Azerbaijan, contro cui combatte da anni una guerra non dichiarata per il controllo del Nagorno-Karabakh, enclave armena in territorio azero resasi indipendente nel 1992 e sostenuta da Yerevan. In secundis perché anche Baku è stata negli ultimi anni un ottimo cliente dell’industria bellica russa, e sebbene fosse ben noto a tutti che Mosca vendesse armi sia all’una che all’altra parte, mai s’era visto da parte del Cremlino dare così ampia visibilità ad una transazione di tal guisa. Almeno fino a pochi giorni fa, quando siti istituzionali russi – e questa è la grande novità – hanno fornito tutti i dettagli dell’accordo di fornitura militare all’esercito armeno.
Ma il riarmo armeno andrà ad impattare non solo sul Nagorno-Karabakh, ma anche sui rapporti tra Russia e Turchia, che già in Siria sono ai ferri corti e ora potrebbero trovarsi in una ulteriore fase di tensione. Già, perché se l’Armenia è un alleato di Mosca nella CSTO, l’organizzazione militare che ha sostituito (in parte) il Patto di Varsavia, l’Azerbaijan è una nazione etnicamente, culturalmente e politicamente vicina ad Ankara. È dunque molto probabile che questo cambio di atteggiamento nella comunicazione politica da parte russa lo si possa interpretare come una sorta di messaggio implicito ad Erdogan, un mostrare i muscoli collocabile nell’ambito di in una nuova strategia di difesa russa in ottica anti-turca. Di cui si è avuto sentore già la scorsa settimana, quando Mosca ha inviato diversi caccia con la stella rossa in una sua base in Armenia, lasciando presumere l’intenzione di istituire un sistema di difesa aereo congiunto con Yerevan.
E ciò rappresenta un ulteriore ostacolo per giungere ad una già difficile soluzione della crisi nel Nagorno-Karabakh, che sta infiammandosi sempre più, tanto che ad inizio febbraio fonti di intelligence Usa hanno evidenziato come il rischio di un conflitto tra Armenia e Azerbaijan non è così remoto, per via sia del rifiuto di Yerevan di ritirarsi dal territorio conteso, sia perchè l’Baku – nonostante i problemi economici in cui si trova a causa del calo del greggio – sta aumentando la sua presenza militare a ridosso dell’enclave armena.