Se adesso ci ripenso mi viene un attacco d'ansia: sette ragazze in 50 metri quadri. È come mettere un coniglio dentro la tana di una volpe. Ci sarà sicuramente la vittima ma, grazie a dio, in quella casa la vittima era già stata designata. Aveva un nome insolito, ma era poco usato, dal momento che tutte la chiamavano Godzilla. In ogni caso quel primo anno è stato una semplice introduzione alla vera vita universitaria.
Del resto, il primo anno per lo studente fuori sede è sempre un periodo di transizione: sei costantemente fuori, pasteggi a che ora ti pare, dormi per ore e ore. Anche se non sei stanco, tu dormi. Il primo anno è fantastico perchè respiri un'aria d'indipendenza che non avevi mai assaporato prima. È come essere costantemente in gita. Sai che se una sera ritorni alle 5 del mattino con troppi cocktail in corpo, il giorno dopo non ci sarà tua mamma a rimproverarti il misfatto. Al massimo troverai la tua coinquilina che, con uno sguardo solidale, ti sorride e condivide i tuoi postumi. Salti lezione a caso perchè non devi portare la giustificazione. Sono tutte delle immense conquiste.
Il primo anno fai conoscenze improbabili, sia dentro che fuori la facoltà. I primi giorni di corso ti capita di conoscere persone che, nei tre anni a seguire, spariranno inesorabilmente: chi perchè si ritira, chi perchè ha intrapreso abitudini completamente avverse al mondo dello studio, molte di quelle persone non le rivedrai mai più.
Quando invece esci a farti il tuo primo mercoledì universitario troverai sempre il personaggio: io e L. abbiamo conosciuto Caterina, una barbona aspirante punkabbestia a cui piaceva assai il reggae. L'abbiamo conosciuta ad una serata al Caracas: mentre tutti ballavano lei si è avvicinata per dirci “Trieste è una merda!”. Kate era particolarmente acida ma dopo poco ci ha raccontato la sua vita. Lei era insegnante presso 'La scuola della Strada' e per anni ha vissuto sotto i portici di Padova. È arrivata a Trieste (con un sogno a quanto pare) ma le sue illusioni sono andate in frantumi; ecco quindi che si era preparata un grazioso itinerario che, per amor della documentazione storica, riporterò letteralmente: “Io mi sono rotta di star qui a Trieste. Allora la prossima settimana parto: primo step Colonia, secondo step Amsterdam, terzo step Barcellona e ultimo step Granada”.
Subito dopo ci ha pure specificato che sarebbe partita con il suo amico Franco, “Che Franco è un coglione”. Kate ci ha raccontato che il suo amico Franco era un coglione perchè la settimana prima si era mangiato una particolare 'torta al cioccolato', solo che invece di farsene una fetta se l'era mangiata tutta: “Cazzo Franco era verde! Gli ho detto che era un coglione...Non era una semplice torta al cioccolato”. Insomma, Kate sarebbe dovuta partire con 'sto coglione di Franco, l'amico che si era ingurgitato una torta intera fatta con la maria.
Dopo quella sera io e L. non abbiamo più rivisto Kate. Spesso abbiamo rivolto i nostri pensieri alla dolce Caterina, immaginandocela in qualche bar di Granada a raccontare le sue avventure a altri studenti, parlando, magari, del suo amico Franco che stavolta si era fatto un risotto con i funghi allucinogeni. Sta di fatto che L. un giorno mi scrive un messaggio: “Ho visto la Kate in Viale: rapata a zero, con un cappellino paillettato”. Kate è di nuovo tra noi, quindi. È tornata, come per magia, per sancire la fine della nostra era universitaria. Certo che poteva evitare quella tenuta alla Malgioglio.
Il primo anno è fantastico. E adesso che dovrò iniziare ad impacchettare le cose, un sacco di ricordi riafforano, come se dovessi imballare anche quelli. Serate storiche, personaggi improbabili e la vita in appartamento hanno segnato tre anni della mia vita.
Caterina, il commesso gay con i capelli color pesca, la caldaia costantemente rotta, il tizio che... Nooo, qui ci sta un archivio delle storie triestine, di tutti quegli episodi degni di attenzione. Del resto anche i tipi come Kate meritano un posto sul web.
Se non altro perchè fanno torte che ti fanno diventare verde.
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