La mia risposta, immancabilmente, è sempre stata la stessa: “Non ne ho la minima idea! Come posso saperlo se non ero presente? Non sono mica un indovino!”
Con tale affermazione, di solito inizio un’argomentazione che si pone un paio di obiettivi:
- insegnare al venditore a usare la testa e l’autoanalisi
- comunicargli l’idea che “categorizzare” le vendite lascia il tempo che trova
Intendiamoci bene: tutti noi categorizziamo, tuttavia trovo funzionale comunicare l’idea che ogni vendita abbia una sua storia, una sua unicità, e preferisco invitare i venditori a notare i dettagli piuttosto che a rifugiarsi in facili stereotipi che, alla resa dei conti, non gli sono poi di nessun aiuto nel suo processo di crescita e di miglioramento.
Ciò detto, come in tutte le cose esiste l’eccezione che conferma la regola. Anch’io utilizzo una schematizzazione nell’ambito della vendita, sfruttando peraltro un’idea non mia ma illustrata originariamente in un testo di Jan L. Wage (Jan Wage, Psicologia e tecnica dei colloqui di vendita, Franco Angeli Editore, Milano 1996) e che ho adattato sulla base delle mie personali esperienze e opinioni.
Si tratta delle cosiddette “Tre Aree della Vendita”.
Con il termine “Tre Aree della Vendita” intendo tre differenti momenti, temporali, strategici e “psicologici” che vanno affrontati e soddisfatti nel loro ordine esatto.
Li chiamiamo Area dell’Affettività, Area della Razionalità (o dell’ Intelligenza) e Area della Volontà.
Come già detto, sono tre momenti ben distinti e che all’interno di una trattativa di vendita si incontrano sempre nell’ordine esatto in cui vengono presentati.
Non hanno una durata specifica e predeterminata, e non “pesano” sempre allo stesso modo. Da questo punto di vista vale il criterio della flessibilità e della capacità di adattamento del venditore, non è possibile formulare una regola fissa. La stessa area può durare meno di un minuto con un cliente e ore con un altro. Per alcuni clienti l’area dell’intelligenza è cruciale, per altri quasi irrilevante. In alcuni casi soddisfare efficacemente le prime due aree rende l’aspetto della volontà poco più di una formalità, altre volte è determinante indipendentemente dal buon lavoro svolto sin lì.
Nonostante ciò, le Tre Aree della vendita ci danno anche alcune regole di comportamento ben specifiche di cui la più importante è che non bisogna per nessun motivo entrare nell’area successiva se non si è soddisfatta l’area precedente e non se ne ha una verifica precisa.
Vale in questo caso il principio del “chiudersi la porta alle spalle” o “prechiusura” di cui parleremo ampiamente in un futuro articolo. Ma prima di parlare di ciò vediamo le tre aree nel dettaglio.
La prima che incontriamo e che dobbiamo soddisfare è, come già detto, l’ Area dell’Affettività. Riguarda la fase di contatto iniziale con il cliente, il cosiddetto approccio, e ha essenzialmente una dimensione emozionale.
Uno dei temi costantemente dibattuti è se la vendita sia essenzialmente un processo razionale oppure emozionale. Fatti i dovuti distinguo legati al tipo di prodotto, all’entità della somma di denaro in gioco e al settore, la risposta corretta è che la vendita è sempreun’attività sia razionale che emozionale. I due aspetti sono infatti intrecciati tra loro a doppia trama ed essenzialmente disposti “a sandwich”.
La prima area, quella dell’affettività, è come già detto un momento assolutamente e totalmente emozionale.
In questa fase, compito del venditore è quello di rompere il ghiaccio, di superare le inevitabili distrazioni e diffidenze iniziali; in altre parole, di stabilire una relazione personale, soddisfacendo la dimensione umana della relazione.
In questa fase si dispiegano tutte le tipiche abilità dei venditori esperti nel “far chiacchiere” e creare confidenza.
L’oggetto della vendita non viene nemmeno accennato, per il momento, è ancora lontano dal tavolo.
L’area dell’affettività è di estrema, cruciale importanza, e se soddisfarla fa normalmente parte delle tipiche abilità del venditore d’assalto di una volta e spesso viene gravemente sottovalutata dai “consulenti” di ultima generazione, soprattutto da coloro che hanno come acquirente finale un’azienda e non un privato (vendita B2B).
Questa è, a ben vedere, soltanto un’illusione, tuttavia in molti fortemente radicata. Se è vero che l’acquisto e il pagamento vengono effettuati da una persona giuridica, chi è tuttavia che ascolta le argomentazioni del venditore? Chi valuta la credibilità e l’attendibilità di quanto mostrato? In ultimo, chi autorizza l’acquisto apponendo la propria firma in calce al contratto? Sono o meno una o più persona fisiche ad effettuare tutto ciò?
Ecco quindi che in prima istanza occorre creare quello che definiamo tecnicamente “rapport”, in parole più semplici, feeling interpersonale.
Hai mai fatto caso a come tutti noi acquistiamo più facilmente da coloro con i quali intratteniamo rapporti di simpatia se non addirittura di amicizia?
Ti è mai capitato di fare più strada per andare a comprare dal tuo negoziante di fiducia, a volte addirittura rinunciando al prezzo più conveniente di un altro rivenditore?
E, parlando di concorrenza, ti sei mai rifiutato di passare a un altro fornitore o consulente perché ti sentivi “affettivamente” legato al tuo tradizionale punto di riferimento?
Una verità importante e sovente sottovalutata è che il prezzo è solo uno degli elementi che entrano in gioco nell’ambito di una decisione d’acquisto, a mio parere, nemmeno il più importante. Molti altri sono i fattori che concorrono a influenzare la mente di un potenziale acquirente, e la relazione più o meno calda e cordiale instauratasi con il venditore è assolutamente determinante.
Nel prossimo post a mia cura continuerò il discorso parlando dell’Area della Razionalità e di quella della Volontà.
(I contenuti dell’articolo sono ricavati parzialmente dal libro “Professione Venditore” di Roberto Pesce, ed. Sperling & Kupfer)