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Le tre emme della mia didattica

Creato il 12 aprile 2012 da Dallomoantonella

Le tre emme della mia didattica

Insegno ispirandomi nel mio piccolo a tre  grandi  maestri del recente passato. Li chiamo le mie tre emme, emme come Montessori, come Milani e come Maieutica.

I corsi di formazione continua, moderni e supertecnologici,   non sono stati in grado di sostituirli.  Questi   mi rendono   informata e formata,  ma quelli   danno il senso e tracciano la via  del mio vagabondare lavorativo.

Ho annoverato l’antico  Socrate  tra i  pedagogisti recentemente passati, come se fosse contemporaneo degli altri due studiosi ed educatori; e non è stato un lapsus o una svista; Socrate è assolutamente senza tempo.

Ecco quindi un brano classico di insegnamento maieutico, giusto per darne una rispolverata e  nell’attesa di potere quanto prima riportare i miei…

Chiese il maestro    ai suoi scolari: “Voi ragazzi,  non avete mai confuso  il vostro compagno Paolo  con questa tavola o con questo albero? Giusto?”

“O no…”

“Perchè?”

“Perchè  questa tavola  è inanimata  e insensibile;   invece Paolo vive e sente!”

“Bene,  se voi battete la tavola  non  sente nulla e voi non le fate del male;  ma avete voi diritto di distruggerla?”

“No,  si distruggerebbe   la cosa altrui”  “

“Che cosa dunque rispettate  nella tavola?”  il legno inanimato e insensibile, ovvero la proprietà di colui cui essa appartiene?”

“La proprietà di colui cui essa appartiene”

“Avete voi il diritto di battere Paolo?”

“No, perché gli faremmo male e patirebbe”

“Che cosa rispettate in lui?, la proprietà di un altro o Paolo stesso?”

“Paolo stesso”

“Voi non potete dunque   né batterlo, né rinchiuderlo, né privarlo di cibo?”

“No, i carabinieri ci arresterebbero”

“Ah ,la paura del carabiniere…ma è solo per questo che non fareste del male a Paolo?”

“No,  signore, perché noi amiamo Paolo  e non vogliamo farlo soffrire,  perché non ne abbiamo il diritto”

“ Credete  dunque  che bisogna  rispettare  Paolo  nella vita  e nella sua sensibilità, perché la vita e la sensibilità  sono da rispettare?”

“Sì, signore”

“Vi è dunque solo questo da rispettare in Paolo? Esaminiamo,  cercate bene”

“I suoi libri, il suo abito, la sua cartella, la colazione che vi è dentro…”

“ Sia,  che volete dire?”

“Noi non possiamo stracciare i suoi libri, macchiare il suo abito, distruggere la sua cartella, mangiare la sua colazione”

“E perché?”

“Perché queste cose sono sue e non è permesso prendere le cose altrui”

“Come si chiama l’atto che proibisce di prendere le cose altrui?”

“Furto”

“ Perché  il furto è proibito?”

“Perché si  va in prigione”

“Sempre la paura del carabiniere….Ma  è soprattutto per questo che non si può rubare?”

“Non signore, perché la roba altrui deve essere rispettata, come la persona altrui”

“Benissimo,  la proprietà è il prolungamento della persona umana e si deve rispettare come quella,   ma è qui tutto?  Non vi è altro da rispettare in Paolo che il corpo, i libri e i quaderni? Non vedete altra cosa?  Non  trovate più nulla?…vi metterò sulla via io: Paolo  è uno   scolaro studioso,  un compagno franco e servizievole; voi tutti lo amate come si merita.  Come si chiama  la stima che noi abbiamo per lui? La buona opinione che noi abbiamo di lui?”

“L’onore,   la reputazione…”

“Orbene, questo onore, questa reputazione  Paolo si acquistò con la buona condotta e i buoni costumi.  Sono cose che gli appartengono  “

“Sì signore, noi non abbiamo il diritto di rubargliele”

“Benissimo,  ma come si chiama questo furto, cioè il furto dell’onore? E prima di tutto, come si può rubarglieli?”  sono forse essi che si possono  prendere  e mettere  in tasca? “

“No, ma si può parlare male di lui”

“Come?”

“Si può dire che egli ha fatto del male a un compagno…che ha rubato delle mele nel vicino frutteto…che ha sparlato di un altro…”

“Sia,  ma come così parlando voi gli rubereste  l’onore e la reputazione?”

“Signore, non gli si crederà più, si avrà cattiva opinione di lui,  si batterà, rimprovererà ,  e si lascerà in disparte…”

“Dunque, se voi dite male di Paolo, allorchè questo male è falso,  gli farete piacere?”

“No, signore , gli si recherà dolore, gli si farà torto,  il che sarebbe assai brutto e cattivo”

“Sì, miei ragazzi, questa menzogna con l’intenzione di nuocere sarebbe assai brutta e cattiva e si chiama calunnia.   Io vi spigherò più tardi  che si chiama maldicenza,  il male che si dice di una persona,  quando questo male è vero,  e vi mostrerò le funeste conseguenze della calunnia e della maldicenza.

Riassumiamo dunque quel che dicemmo: Paolo  è un essere vivente e sensibile.  Non dobbiamo procurargli  sofferenze,  né derubarlo,  né calunniarlo; dobbiamo rispettarlo.   Si chiamano diritti queste cose rispettabili che sono in Paolo e lo rendono una persona morale”  L’obbligazione  che  noi  abbiamo  di rispettare  questi diritti si chiama dovere.  Si chiama  poi giustizia  l’obbligo o il dovere  di rispettare  i diritti altrui.  Giustizia deriva  da due parole  latine  (  in iure stare  )   che significano:  “mantenersi nel diritto”.

I doveri  di giustizia  da noi  numerati  si riassumono così: Non  ferire…non far soffrire…non rubare…non calunniare…”  Riflettete alle parole  che dite sempre:  “Non”   con  un verbo infinito  imperativo…che significa questo?…”

“Un  obbligo, un comando…un divieto”

“Via, spiegate”

“L’obbligo del rispetto, il comando  di rispettare  i diritti…il divieto di rubare…”

“In che cosa dunque si riassumono essi?  Nel non fare del male

Brano tratto   da   “L’autoeducazione”  di Maria Montessori  Edizioni  Garzanti

 

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