Le ultime 'perle' di Napolitano

Creato il 13 aprile 2013 da Veritaedemocrazia
Non è possibile oggi capire (forse riusciremo a comprenderlo nei prossimi anni, forse ce lo spiegherà qualche documento segreto una volta reso pubblico o trafugato da Wikileaks) cosa spinga un uomo di quasi 88 anni, a pochi giorni dalla scadenza del proprio mandato, a pretendere ancora di voler forgiare, secondo le proprie personali convinzioni e forzando sia la volontà popolare espressa nelle elezioni sia il dettato costituzionale, il sistema politico di questo Paese. Del suo settennato sicuramente ricorderemo l'accondiscendenza con cui ha fronteggiato le leggi ad personam di Berlusconi, i continui salvagente lanciati al padrone di Mediaset e della destra nei momenti in cui era più in difficoltà da un punto di vista politico e giudiziario, la svolta antipopolare e filo-liberista da egli predisposta ed attuata con il governo Monti, gli ostacoli frapposti all'accertamento della verità rispetto all'ipotesi di una trattativa Stato-mafia che sarebbe stata all'origine delle stragi del '92 e del '93. La grazia concessa ad un militare americano condannato per il rapimento in Italia di Abu Omar (grazia tutta politica e dunque incostituzionale come scrive Marco Travaglio) e la costituzione dei comitati dei presunti saggi per preparare il terreno ad un Governo PD-PDL-Monti rappresentano solo gli ultimi (speriamo gli ultimi) atti di una Presidenza della Repubblica che ha lasciato spesso sconcertati e sgomenti, oltre che i cittadini democratici, molti degli osservatori politici e dei costituzionalisti, al di là del plauso interessato ed ipocrita del mainstream informativo e dei nostri protettori esteri. Il compito dei comitati dei presunti saggi (di cui oggi sono state diffuse le risultanze del proprio 'lavoro': ad un tempo mediocri e pericolose) era palesemente quello di costituire le basi programmatiche dell'inciucio. E questo contro la volontà degli elettori, contro il bene dell'Italia che non può certo trovare soluzione ai propri problemi riportando al Governo una destra berlusconiana che è la maggiore colpevole del degrado morale, sociale, politico ed economico in cui versa il nostro Paese, contro gli interessi del suo stesso partito di origine, il PD, che verrebbe definitivamente lacerato e distrutto da un nuovo accordo con Berlusconi.
da l'Espresso

Quella grazia è incostituzionale

di Marco Travaglio
La Consulta ha stabilito che la clemenza presidenziale può essere concessa solo per motivi «eccezionali» e «umanitari». Due condizioni (specie la seconda) che non c'erano per l'ufficiale Usa Joseph Romano, condannato per il rapimento di Abu Omar
(12 aprile 2013)
Mi chiama, con l'aria di Pierino che fa la spia, un notissimo costituzionalista stupefatto per la grazia concessa dal presidente Napolitano al colonnello Usa Joseph Romano (condannato nel settembre scorso dalla Cassazione a 7 anni per il sequestro Abu Omar). E mi mette una pulce nell'orecchio: «Si legga la sentenza della Consulta del 3 maggio 2006 sul conflitto Ciampi-Castelli a proposito della grazia a Bompressi, e ne tragga le conseguenze. Io non le dico altro».
La sentenza, firmata da Alfonso Quaranta, contiene spunti interessanti. Soprattutto due aggettivi, ripetuti più volte, sulla grazia presidenziale: «umanitaria» ed «eccezionale» (trattandosi di una deroga al principio di uguaglianza, la prassi vuole che arrivi a debita distanza dalla sentenza, onde evitare che suoni come una sconfessione del lavoro dei giudici). E una chiara distinzione fra atto "politico" e gesto "umanitario".
Non è questione di lana caprina: il Presidente non ha alcun «potere personale», ma esercita ogni funzione «a nome dello Stato», dunque non è responsabile dei propri atti, che necessitano sempre della controfirma di un membro del governo. Nel 2005 il presidente Ciampi chiese al guardasigilli Castelli di istruire la pratica per la grazia a Bompressi (condannato a 22 anni per il delitto Calabresi e ammalatosi dopo aver scontato parte della pena), ma Castelli rifiutò. Allora Ciampi sollevò conflitto di attribuzioni alla Consulta per dirimere una volta per tutte il dilemma del vero titolare del potere di grazia. La Consulta sorprese molti costituzionalisti e gli diede ragione. Ma, per farlo, circoscrisse la grazia nei limiti dettati dallo stesso ricorso di Ciampi: un atto ispirato a una «ratio umanitaria ed equitativa» volto ad «attenuare l'applicazione della legge penale in tutte quelle ipotesi nelle quali essa confligge con il più alto sentimento della giustizia sostanziale». Se - riassumeva la Corte - la grazia «esula da ogni valutazione di "natura politica"», è «naturale» attribuirla «al Capo dello Stato "quale organo rappresentante l'unità nazionale", nonché "garante super partes della Costituzione"».
In definitiva, «il potere di grazia risponde a finalità essenzialmente umanitarie» per «attuare i valori costituzionali... garantendo soprattutto il "senso di umanità", cui devono ispirarsi tutte le pene... non senza trascurare il profilo di "rieducazione" proprio della pena». Il tutto, a patto che la grazia resti «contenuta entro ambiti circoscritti destinati a valorizzare soltanto eccezionali esigenze di natura umanitaria», per non violare «il principio di eguaglianza consacrato nell'art. 3 della Costituzione». Di qui la raccomandazione a non deragliare dalla «funzione di eccezionale strumento destinato a soddisfare straordinarie esigenze di natura umanitaria». Meglio che a valutarle sia una figura terza come il Capo dello Stato, anziché un organo politico come il governo, che non deve impicciarsi nelle sentenze dei giudici.
Confrontiamoci ora su questi princìpi inderogabili con la grazia di Napolitano allo spione americano condannato per il sequestro e la deportazione di Abu Omar da Milano ad Aviano a Ramstein e infine al Cairo, dove lo sceicco fu torturato per mesi. Il colonnello Romano è latitante dal 2007, non ha mai fatto un giorno di galera né mai lo farà, perché ben sei ministri della Giustizia italiani, di destra, di sinistra e tecnici, hanno rifiutato di inoltrare i mandati di cattura internazionali per lui e i 27 uomini Cia che parteciparono al rapimento.
Dunque la grazia, oltre a suonare come un'aperta sconfessione della condanna (emessa appena sette mesi fa), non può avere alcuno scopo umanitario per lenire una pena detentiva (inesistente). E infatti il Quirinale, nel suo lungo comunicato, la spiega con la necessità di «ovviare a una situazione di evidente delicatezza con un Paese amico»: gli Stati Uniti. Motivi squisitamente diplomatici, dunque politici: proprio quelli che la Consulta, nella sentenza 2006, esclude a priori nell'attribuire al Capo dello Stato e non al ministro l'esclusiva sul potere di grazia.

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