Le vie del gusto: Castelvetrano e il suo oro, l’olio extra vergine d’oliva

Da Pecorelladimarzapane

Per le vie del gusto L’olio novello, stillato al frantoio: Sono una decina, se non di più, i frantoi che ogni anno – in questo periodo e atteso il primo vero freddo autunnale – aprono i battenti e accolgono quintali di olive destinate alla produzione di olio extra vergine (il così detto, termine molto amato da noi food blogger, olio EVO). Un olio così naturale da sembrare smeraldo, nel colore, da profumare l’aria nei dintorni di questi imponenti caseggiati – i frantoi – da farsi assaporare, a filo, sul pane nero: altra specialità in quel di Castelvetrano. Nella provincia di Trapani, a pochi passi da un mare da bere – San Vito lo Capo ne è dimostrazione - e da una delle aree archeologiche più note in Sicilia – il parco archeologico di Selinunte – la valle del Belice si estende tra ettari di terreno coltivati ad ulivi, tra cui il nocellara oggi marchio D.O.P., che raccolgono, unite nelle intenzioni, le diverse frazioni di questa vallata: Castelvetrano, Partanna, Gibellina, Camporeale, Santa Ninfa, Salemi, alcune delle cittadine che l’olio extra vergine d’oliva, il gusto vero di un cibo così pregiato, lo conoscono da sempre.

A Castelvetrano sono forse più di dieci i frantoi che lavorano accogliendo produttori e consumatori; ogni anno, dall’inizio di novembre, è possibile fermarsi sulla soglia di uno di questi caseggiati e contrattare il prezzo dell’olio direttamente dagli agricoltori. Loro, i produttori, si rivolgono al frantoio per lavorare le loro olive, ricavare l’olio, vendono poi al frantoio stesso l’eventuale eccesso d’olio (quello non utile alle loro strette necessità e che resta invenduto alla clientela diretta) e perfino la sansa – materiale di esubero della lavorazione delle olive, che non si scarta, viene invece destinato ad ulteriori lavorazioni. I frantoi macinano olive giorno e notte, ininterrottamente dall’inizio della raccolta fino all’ultima stilla, mentre i produttori portano lì il frutto del loro lavoro, mostrano orgogliosi il processo di lavorazione a chi si mostra interessato – come me, il mio buongustaio e l’obbiettivo della nostra macchina fotografica - raccontano di una vita dura, quella dei campi lo è davvero, eppure la voglia di non perdere le tradizioni, di tramandare il gusto di un condimento che talvolta diviene companatico: ottimo l’olio a crudo direttamente sul pane, chi di noi non lo ha mai provato (!?), per un pasto frugale e nutriente.

Arriva la partita d’olive, trasportata con appositi automezzi, ed inizia la coda al frantoio in attesa di poter macinare. Intanto i produttori vengono avvicinati dagli avventori – taluni saltuari, altri ormai abituali come mio padre che ogni anno, ormai da diverso tempo ormai, acquista l’olio evo a Castelvetrano – e si contratta il prezzo dell’olio venduto al chilogrammo. Le olive vengono dunque introdotte all’interno del processo di lavorazione: una prima vasca che serve a separare le foglie, poi le olive vengono lavate ed ancora trasportate, con apposito nastro, alla macina. Vengono triturate, polpa e noccioli, e impastate. Questo impasto si scalda leggermente, grazie ad un flusso di acqua a temperatura (siamo intorno ai 35 gradi) e l’olio si separa dal resto attraverso un processo di filtrazione meccanica.

Il liquido color smeraldo affluisce ad un bacino di raccolta ed attraverso apposito rubinetto si riempiono i bidoni, le bottiglie e tutto quanto serve a trasportare il prodotto finito. I frantoi possiedono appositi silos di stoccaggio dove permane l’olio invenduto dai produttori, olio che verrà poi smerciato dai frantoi stessi o al dettaglio, oppure all’ingrosso a ditte che opereranno una seconda lavorazione e l’imbottigliamento.


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