Anni Novanta.
Più di preciso, 1995.
Ero al primo anno di università (sì, così sapete, più o meno, quanto sia vecchio). Andava in onda la seconda stagione di X-Files. Rigorosamente in TV, su Italia 1, rigorosamente doppiata.
Erano gli anni in cui l'oceano inghiottì l'Atlantide... ehm, sì, qualcosa del genere. Percorrendo il viale che mi portava all'Ateneo, giorno dopo giorno, ammiravo dai monitor dei negozi di elettronica la sfavillante grafica poligonale della Playstation, sognavo un futuro ancora da scrivere, tornavo a casa alla sera che il videoregistratore già lavorava per registrare il doppio episodio settimanale.
Ricordo che le videocassette vergini, sverginate con gli episodi di X-Files, si attestavano sulla cinquantina. Alcuni li riguardavo più volte, per carpire i rari siparietti tra Mulder e Scully, magari qualche inquadratura di Dana colta nel quotidiano. Ero innamoratissimo di Gillian Anderson.
Una sera rincaso e scorgo un messaggio attaccato alla porta. Proprio così, un foglietto con su scritto una frase, in rima, inerente al telefilm.
Roba che, fatta oggi, avrebbe fatto urlare al serial killer.
Guardavamo, io e i miei coinquilini, gli episodi di X-Files in cucina, su un televisore minuscolo. La finestra alle nostre spalle affacciava su un cortile. In uno qualunque di quegli appartamenti si poteva celare l'autore del messaggio.
Decidiamo di rispondergli, in perfetto stile X-Files.
Un bigliettino incollato all'interno della nostra cassetta postale (vetro trasparente, ndr) accompagnato da due pezzi di nastro adesivo messi a X.
Per un po' ci scambiammo messaggi, sempre più deliranti.
Il nostro interlocutore era pure lui un fan. Sul perché avesse deciso di contattarci, in quel modo poi, nessuno l'ha mai saputo.
Capitò, in seguito, che mi ammalassi, tornando così alla casa paterna. Al mio ritorno all'università, i miei coinquilini sostenevano di aver scoperto l'identità del nostro interlocutore, abitava nel nostro stesso condominio. Proprio così, un fan che aveva sentito il bisogno di contattare altri fan sfegatati. Per comunicare.
Io non ci ho mai creduto. Preferisco pensare a un tipo che ci spiava da una finestra sul cortile, per un fine superiore che noi ci siamo lasciati sfuggire.
E comunque, tutto questo è indicativo per farvi comprendere quale fosse l'influenza di X-Files all'epoca. Vera e propria forma mentis, atta al complottismo creativo, al fascino degli extraterrestri e dei misteri irrisolti.
Divoravamo ogni possibile notizia sulla serie, dalle riviste soprattutto, dai rari speciali in TV, passati a orari impossibili, cercavamo curiosità dal set, dietro le quinte, pettegolezzi sulla vita privata degli attori. All'epoca una sconosciuta, Gillian Anderson, era andata incontro alla prima sovraesposizione mediatica, ottenendo il ruolo da protagonista della serie contemporanea più famosa di sempre. E meno si vedeva, di lei, più si voleva vederne.
Ma non era solo una coppia: erano in tre. Oltre e David Duchovny e a Gillian Anderson c'era Chris Carter, il produttore/creatore della serie. Protagonista tanto quanto i primi due.
Girava persino una foto che li ritraeva tutti e tre, a letto (gira ancora, potenza dell'internet).
Uno scherzo voluto da Carter, a mo' di sfottò verso i fanz che gridavano alle orge sul set.
Oltre a tutto ciò, c'erano loro, gli alieni. Che poi è la nota dolente di X-Files, che è durato troppo a lungo, dal 1993 al 2002, e non ci ha detto nulla.
Pensate che le ultime stagioni nemmeno le ricordo con precisione. Perché il giochino del debunking continuo, della cospirazione universale, dello scetticismo di Scully contrapposto alla faciloneria di Mulder aveva rotto le palle. Sì, diciamolo.
E tuttavia, ieri, quando ho visto il primo episodio della nuova miniserie... no, non dico che sia ricominciato tutto, perché sarebbe una bugia. Ma... ecco, usare gli stessi titoli, oltre che musica (di Mark Snow), lo stesso carattere... rivedere tutto ciò, come se Carter ci stesse dicendo: "OK, dove eravamo rimasti?", è stato bellissimo.
A voi contemporanei avrà dato la sensazione di approssimazione: una sigla di merda con titoli di merda, di un'altra epoca. Non capite niente, tornate a guardare le vostre stronzate.Tra parentesi, inizia tutto come allora, prima appare Scully, poi Mulder. C'è il poster I want to believe, c'è la stessa frase "voglio crederci" ripetuta allo sfinimento, insieme all'altra parte del mantra "La verità è là fuori".
Mulder, nel giro di cinque minuti, sfancula le stagioni precedenti e dice "Sì, ok, gli alieni sono arrivati, ci hanno spiato, sono stati pure dei coglioni perché sono precipitati con l'astronave a Roswell, ma poi... è tutta colpa nostra, che abbiamo carpito le tecnologie aliene e le stiamo usando per una megacospirazione".
E Scully: "Non ci sono prove a riguardo".
Insomma, tutto come allora. C'è persino Skinner, che ha mantenuto intatti, be', più o meno, i vecchi uffici degli X-Files.
E la paura è, proprio come allora, di arrivare alla fine e non aver avuto una cazzo di risposta una. Dannato Chris Carter.
Ma il vero tocco di classe, sopraffina e magnetica, è aver rivisto il maledetto Smoking Man, che nel frattempo è diventato talmente figo da fumare direttamente dalla trachea. Una delle scene più pulp viste da che hanno inventato il pulp.
O forse no, forse è solo il fan a parlare.
Vado a mettere lo scotch sulla finestra, in attesa di una risposta.