La vicenda è ancora quella delle Zebre, o meglio della scelta di quel nome così particolare e ricco di significati e storia per il rugby italiano per la nuova franchigia federale. Quando le voci sono aumentate di rumore e hanno acquisito i contorni della quasi-certezza ho contattato Marco Bollesan, fondatore e anima di quella esperienza. Cosa mi ha detto lo potete trovare qui, ma riassumendo si può dire che era deluso e contrariato: nessuno lo aveva contattato, informato o gli aveva semplicemente chiesto se era possibile usare quel nome. La sua intenzione era quella di chiedere conto al presidente FIR della vicenda.
Purtroppo per lui qualche telefonata tra Italia e Francia è stata sufficiente per togliere praticamente ogni velo alla vicenda. A dare il via libera alla FIR per l’uso della parola Zebre è stato Renato Tullio Ferrari, ex presidente del CUS Milano e co-fondatore con Bollesan della squadra a inviti nel 1973, oggi residente a Nizza.
Ferrari nelle ultime settimane sarebbe stato avvicinato prima da Alfredo Gavazzi e quindi contattato dal presidente Dondi. E ha dato il suo via libera. Bollesan mi aveva detto che quella dicitura era coperta da una qualche registrazione, ma bisogna vedere quali fossero gli accordi stipulati magari 30 anni fa e forse mai formalizzati. Se avessero ancora un qualche valore. Insomma, nessun mistero.
Quale la morale? In primis la sensazione – personale – che comunque si poteva scegliere un nome diverso: quelle Zebre sono state una cosa, la Nuova Franchigia è un’altra completamente diversa. Non migliore o peggiore, semplicemente diversa.
Secondo: dalla FIR qualcuno si poteva prendere comunque la briga di dare un colpo di telefono a Bollesan. Non per chiedergli il permesso, semplicemente per informarlo, visto che alla fine è uno dei due fondatori delle Zebre in vita. Si chiama cortesia. Lo so, pratica ormai fuori moda.
Terzo: il punto più triste, forse. La mancata comunicazione della cosa da Ferrari a Bollesan. Qui credo siamo ben oltre la scortesia. Un aspetto davvero amaro della vicenda che pesa tutto su Marco Bollesan.
Ma come canta Vinicio Capossela in una sua vecchia canzone
poco importano i dolori
non son spine senza fiori
vino ed ostriche guarnite
ho male a un fianco e la colite