Anna Lombroso per il Simplicissimus
Eh si potrebbe proprio far presa la paura di zingaropoli.Eh si perchè chissà in che modo i benpensanti, la brava gente potrebbero alimentare la loro rancorosa diffidenza se non ci fossero gli zingari, perfetti e simbolici archetipi della differenza, dell’alterità vissuta con sprezzante orgoglio per la nostra “norma”.
Vivono in accampamenti fuori dalle nostre città, ai margini della nostra pingue civiltà, delle nostre certezze e del nostro ragionare solipsistico ed esclusivo, per fare irruzione nelle nostre fantasie quando serve, quando serve un nemico, una minaccia che ci distragga da quelle abituali e più domestiche, oggetti ideali di insulti, risentimenti, paure. Nella graduatoria del pericolo sociale che insidia la nostra fittizia tranquillità sono al primo posto, una collocazione nutrita dalle leggende di sempre: sono altezzosi, sono sporchi, sono maligni, sono bugiardi, sono ladri. Rubano i bambini. Macchè poveri ma avete visto gli orecchini delle donne, ma avete visto i denti d’oro, ma avere visto le mercedes? Battono di gran lunga gli ebrei nella top ten dell’ostilità, vuoi mettere il furto di innocenti con l’avarizia? E anche i comunisti, perché perfino Berlusconi pare si sia convinto che gli innocenti non li mangiamo davvero. E occupano il ruolo di protagonisti a volte silente a volte rumoroso dentro di noi. Ogni tanto il fantasma riaffiora negli insospettabili, come se dar fuoco allo zingaro o lasciare che succeda grazie a provvidenziali stufette a cherosene in tende o roulotte esterne alle nostre enclave rappresentasse un peccato veniale se non perdonabile. A chi odia gli zingari si abbuona l’imputazione di razzismo, si pensa per stock, non ripugna un singolo zingaro, si va in guerra contro tutta l’etnia, tutto un popolo. E d’altra parte avete mai sentito dire a qualcuno “io non sono razzista, i miei migliori amici sono rom”?
Paradossalmente sono in condizioni marginali anche tra le vittime: cinquecentomila forse molti di più furono sterminati nel lager, ma la memoria su di loro è meno attiva. Ricordano i rari storici che se ne occupano che è meno potente perfino la definizione del loro sterminio, al posto di shoa un più sobrio concetto riconducibile all’essere mangiati con voracità.
Isaac Deutscher disse che l’antisemitismo è un problema di chi non è ebreo.
Il razzismo nel confronti di zingari, quelli letterari ben visti perché pittoreschi, Carmen, la musica gipsy, il cinema di genere, quelli in carne ed ossa, rom, sinti, nomadi, ashkali, kalè altri dei quali ci ostiniamo a non voler sapere nulla, è un problema nostro. Tempo fa Le Goff a proposito dell’infame legge proposta da un presidente francese dimentico di essere ungherese e con un cognome di lontana origine zingara, ammoniva che l’Europa meticcia non può rifiutare i rom, se non vuole venir meno al suo destino ancor più che alle sue origini, al suo ingrediente di base, che è appunto il multiculturalismo.
La cifra più infame del razzismo e delle sue declinazioni, nazismo, fascismo è la nozione di purezza etnica, un concetto di princisbecco utile a ingannare i gonzi che in mancanza d’altro si sentono superiori e geniali per via genetica.
E che non a caso piace al nostro governo e ai suoi rappresentanti locali, che dopo aver privatizzato beni comuni, interesse generale, cosa pubblica, costituzione pensano di privatizzare anche la cittadinanza, renderla un prodotto che si può comprare con l’ubbidienza, il conformismo, la delega, l’affiliazione.
Interrogarci sulle nostre paure del mondo fuori e dentro di noi e su quelle che qualcuno alimenta ci aiuta a essere cittadini di quel mondo fuori e dentro di noi. Loro sono erranti, noi magari cominciamo con non cadere in errore.
COMMENTI (1)
Inviato il 23 maggio a 12:48
Capece ignora e vuole ignorare l' aspetto del comportamento degli zingari, ampiamente provato, il furto, inconciliabile con la convivenza con le popolazioni stanziali e all'origine della intollerabilita' nei loro confronti.