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Le zone economiche speciali in Europa, se ne parla

Creato il 25 marzo 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Le zone economiche speciali in Europa, se ne parla

L’attuale crisi economica, legata ai nuovi equilibri geopolitici, ma soprattutto geoeconomici, sta catalizzando l’interesse verso le zone economiche speciali (ZES).

In Italia, ma anche in Europa, vi sono però dei vincoli comunitari che ne impediscono la concreta realizzazione. La Regione Calabria, per esempio, punta a fare del porto di Gioia Tauro un hub portuale con annessa ZES. La Germania vede con interesse la proposta greca di creare ZES in territorio ellenico. La penetrazione nel Mediterraneo da parte di Berlino sarebbe però un duro colpo per l’Italia, che ha più di una carta da giocare nel nuovo assetto internazionale 1. Il mercato asiatico trainato dalla Cina si lega al Mediterraneo attraverso le direttrici del commercio marittimo e la stessa Cina sta cercando una sua base logistica nel Mare Nostrum.

Dalla Grecia alla Sicilia, passando per Barcellona, nel sud dell’Europa dovrebbe nascere quell’hub europeo che Pechino vuole utilizzare come piattaforma commerciale. La Cina ha già espresso interesse per la Sicilia, ma per fattori legati alle installazioni militari statunitensi nell’isola, la proposta sembra ormai sfumata2. Vi è un’assoluta certezza però che il Mediterraneo giocherà ancora il suo ruolo di sempre anche dinanzi alle nuove sfide legate ai corridoi eurasiatici. Per quanto, infatti, i nuovi collegamenti su rotaia che collegano l’Europa all’Asia sono una nuova e promettente direttrice dei commerci, essi sono legati più alla penetrazione nell’Asia Centrale e al consolidamento della regione. Indubbiamente essi acquisteranno con il tempo un peso non indifferente, ma non potranno né sostituire, né competere in maniera paritaria con le rotte marittime. Ciò perché il Mediterraneo si configura come piazza mercantile non soltanto verso l’Europa, ma forse ancor di più verso l’Africa nella quale la Cina indirizza in maniera sempre più attiva i suoi interessi.

È nel Mediterraneo quindi che per volontà geografica si incontrano ancora una volta Europa, Africa e Asia. In questa realtà storica, rinnovata dall’ascesa dell’economia cinese, vi è quindi un fondamento rilevante a supporto delle ZES.

L’aspetto normativo

La normativa europea impedisce la realizzazione delle ZES, considerando le particolari agevolazioni economiche e fiscali come un aiuto di Stato. Infatti, secondo l’articolo 107 del TFUE, solo in casi particolari lo Stato membro può predisporre aiuti3. L’articolo 108 però sembra predisporre un’opzione per eventi straordinari che possa mettere in opera aiuti qualora uno Stato lo richieda e dopo la delibera unanime del Consiglio4. Appare chiaro che, qualora si decidesse di istituire delle ZES in Europa, la trattativa sarebbe totalmente politica.

Invertire la tendenza

L’ipotesi più interessante risiede nel potenziale che l’Italia ha a sua disposizione. In tempi di internazionalizzazioni e delocalizzazioni, dove l’outsourcing ha accompagnato il processo di globalizzazione della fase produttiva, si potrebbe dare impulso ad una fase attrattiva. La possibilità di inserirsi come piattaforma logistica mediterranea sarebbe sicuramente incentivata dalla presenza di ZES. L’attrazione di investimenti esteri avrebbe una base certa legata a tutte le tutele e ai vantaggi insiti in questo tipo di strumento economico. Le ZES, infatti, sono degli acceleratori economici che oltre a polarizzare investimenti creano poli industriali di notevole impatto con ricadute positive in più settori. L’esempio più classico è quello cinese: dopo la riforma economica e la timida apertura al mercato, la Cina ha istituito proprio le ZES inserendole tra gli strumenti che le hanno permesso di attrarre ingenti capitali esteri nonché le conoscenze tecnologiche di cui era deficitaria5.

Se l’Italia non ha bisogno di importare conoscenza, ancora più stimolante può essere il potenziale di collaborazioni che imprese italiane possono mettere a profitto con capitale straniero. Questo è uno dei potenziali più grandi che possono mettere in azione meccanismi per una ripresa economica. Invece di esportare competenza e tecnologia, attrarre in Italia capitali esteri che possano acquisire le nostre competenze. Anche se questo tipo di tendenza fosse minima, il mercato europeo e le prospettive legate al futuro dello sviluppo africano nei prossimi decenni pongono comunque un punto saldo che lega il Paese alle nuove economie e ai nuovi scenari.

Una condizione sine qua non

Sarebbe inutile pensare ad un progetto di questo tipo senza dare una base sostanziale non economica, ma geopolitica. La più grande attrattiva dell’Italia è ovviamente la sua posizione geografica che come già accennato è il vero asso nella manica del Paese. Se il Paese riesce a vincere le resistenze estere e gli smarrimenti della politica nazionale, si potrebbe aprire un concreto riposizionamento dell’Italia nella gestione dei traffici e non solo. La centralità della penisola italiana, infatti, concorrerebbe in maniera decisiva al suo riconoscimento di piattaforma logistica e produttiva, anche dinanzi a prospettive di ZES africane come quella di Suez6.

L’Italia avrebbe il potenziale indiscusso di poter coprire uno spazio economico doppio raggiungendo fattivamente la connessione con due continenti, un vantaggio questo che a livello geoeconomico farebbe la differenza. Base indispensabile sono quindi le infrastrutture, dai porti alle ferrovie. L’ammodernamento e la creazione di nuovi e più competitivi scali marittimi sono appunto la condizione sine qua non per avviare un generoso processo di ripresa economica.


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