Era stato pubblicizzato come un sequel di Dalla Cina con Furore, il nuovo film di Andrew Lau, creando un evidente tumulto tra i fan del Piccolo Drago, che sentivano puzza di sacrilegio nei confronti del proprio beniamino. In realtà il film è un omaggio a Bruce Lee che, proposto in occasione del 70esimo anniversario della nascita, rivela l’evidente mossa commerciale orchestrata per sfruttare il suo nome attraverso una sceneggiatura altrimenti non riconducibile alla suddetta pellicola. A parte alcune citazioni (tra le quali il costume di Kato indossato dal protagonista e lo stile di alcune mosse di combattimento), Donnie Yen impersona un ruolo totalmente diverso e, nonostante una capacità atletica straordinaria, sembra una scelta decisamente sbagliata per dare il volto a un emulo di Lee.
La storia è fortemente incentrata sul conflitto sino-giapponese, che non fa solo da cornice al film, ma si addentra nello spionaggio interno tra partigiani e occupanti. Il film si scaglia particolarmente contro i giapponesi, di cui il personaggio interpretato da Donnie Yen fa scempio, rivelandosi quasi un mix tra Batman (il suo personaggio si chiama Il Cavaliere Nero, chiaro richiamo al “The Dark Night” di milleriana memoria) e V di V for Vendetta. Da questo punto di vista Legend of the Fist si colloca all’interno dello stile dei cinecomix, con elementi più interessanti quali quello visivo e le scene di combattimento. Purtroppo, invece la storia è banalmente citazionista e infarcita di luoghi comuni.
Oltretutto, considerando che il film viene presentato in pompa magna all’apertura del Festival di Venezia e che sicuramente sarà un campione di incassi in patria, c’è da considerare la pericolosità di una pellicola che sembra (poco) velatamente di propaganda contro il Giappone, ma anche contro l’Occidente intero (gli Americani sono parimenti il male). Sorge il sospetto che, con queste pellicole in cui si esalta l’orgoglio cinese, si stiano mettendo le basi per quello che potrebbe avvenire materialmente negli anni a venire. Lo faceva anche il Piccolo Drago, ma erano altri tempi e soprattutto un altro contesto storico-politico-economico.
Gianluigi Perrone