Legge elettorale, il patto c’è, sbarramento al 3% e premio alla lista con soglia al 40%

Da Pukos

Le riforme si fanno “con chi ci sta”. Così Matteo Renzi chiude ieri notte il vertice di maggioranza centrato soprattutto sulla legge elettorale.

Fissa il termine la data di scadenza dell’esecutivo al 2018, forte dell’impegno assunto dagli alleati su legge elettorale, ddl costituzionale, Jobs act e delega fiscale. E il premier ricambia concedendo ai piccoli partiti un’apertura sulla soglia di sbarramento nell’Italicum, abbassando l’asticella fino al 3%.

Una percentuale ben al di sotto dell’8% chiesto da Silvio Berlusconi e del 5% proposto inizialmente dal premier come mediazione. Una scelta che aumenta la ‘pressione’ sul Cavaliere e concretizza, con un passo che suona come una sfida, il proposito di Renzi di andare avanti “anche da soli”, con le forze di maggioranza, se Forza Italia non ci starà.

Per il premier è l’ora di chiudere e Berlusconi si deve decidere: per questo un nuovo incontro con il leader di FI ci sarà mercoledì pomeriggio, poi una riunione della direzione Pd metterà il sigillo. Sulla legge elettorale l’obiettivo di Renzi è riavviare il cammino in commissione al Senato entro la settimana (ma probabilmente non nell’ufficio di presidenza già convocato per oggi), per arrivare in Aula entro fine anno e chiudere la partita alla Camera a febbraio.

Ed è anche per questo che in serata fa ingresso a Palazzo Chigi una folta delegazione composta da una quindicina di persone, in rappresentanza di partiti, ‘partitini’ e componenti parlamentari della maggioranza: dal Pd a Ncd, Sc e Pi, Cd, socialisti e autonomie. L’incontro diventa più in generale l’occasione per rinsaldare il programma di governo, confermando l’impegno sul Jobs act entro il primo gennaio. Realizzare le riforme, è il ragionamento fatto nella riunione e riferito da Pino Pisicchio, serve a “rivendicare” margini in Ue. Nel documento finale dell’incontro, che Renzi scrive in prima persona al termine di tre ore di confronto, c’è il rinnovo dell’impegno ad arrivare al 2018, perché il voto anticipato sarebbe “un errore e una sconfitta inaccettabile”. E c’è la promessa di completare “senza stravolgimenti” la prima lettura della riforma del Senato entro gennaio alla Camera e entro marzo al Senato. Ma c’è per la prima volta un’inversione nel metodo del patto del Nazareno. Dopo aver proposto a Berlusconi le modifiche all’Italicum e aver incassato finora solo dilazioni, il leader del Pd mette nero su bianco quelle modifiche insieme ai partiti della maggioranza, per poi sottoporle mercoledì al Cavaliere.


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