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Legge elettorale: sì o no?

Creato il 17 settembre 2012 da Ilnazionale @ilNazionale
Legge elettorale: sì o no?

foto by lagazzettadilucca.it

17 SETTEMBRE – Che vi sia la necessità di cambiare la legge elettorale sembra che tutti gli schieramenti parlamentari siano d’accordo. Tutti, infatti, si lanciano in vere e proprie filippiche contro l’attuale sistema, ovvero la legge n. 270 del 21 dicembre 2005, ideata dall’allora ministro Roberto Calderoli e passata alla storia col nome di “porcellum”. Nessuno però sembra trovarsi d’accordo su come impostare la nuova legge elettorale.

Stando alle voci che giravano a luglio, la legge sarebbe stata fatta su base proporzionale, con la selezione dei parlamentari ottenuta in parte attraverso le preferenze e in parte col sistema delle liste chiuse, e un premio di maggioranza o del 15% alla coalizione vincente o del 10% al partito con la maggioranza relativa. Questa proposta sembrava aver messo d’accordo tutti: da una parte c’era il P.D.L., con un Berlusconi deciso a ricandidarsi,  dall’altra il P.D., che con l’alleanza appena sancita con il S.E.L. di Vendola, si candidava ad essere la nuova forza di maggioranza e di governo con Bersani premier. L’unico punto problematico della riforma rimaneva il premio di maggioranza: infatti il premio al partito avrebbe comportato, onde evitare problemi di governo, uno scioglimento del movimento del governatore della Puglia in quello dell’ex ministro dello sviluppo economico.

Poi i giochi sono cambiati. Da una parte Berlusconi aspetta a dichiarare ufficialmente la propria ricandidatura, in attesa di vedere come sarà la nuova legge elettorale (mentre Mediaset mostra il proprio interessamento per le reti televisive di Telecom, ovvero La7 e La7d) e non si sa neppure se deciderà di licenziare il P.D.L. per tornare a Forza Italia. Dall’altra la leadership di Bersani sta venendo pericolosamente insidiata da un Renzi ben lanciato a raccogliere la sfida delle nuove generazioni e a portare avanti lo spirito maggioritario e liberale, con riferimento alla linea tracciata negli Stati Uniti da Obama, che aveva caratterizzato il primo P.D. weltroniano.

Sempre a sinistra si registrano altre complicazioni: infatti il Movimento 5 Stelle sta acquisendo consensi ai danni del Partito Democratico e non del Popolo della Libertà (che cresce nei sondaggi), i cui delusi non provano simpatia per Beppe Grillo (ma sono sedotti dal sindaco di Firenze).

Il tutto mentre l’Italia dei Valori di Di Pietro cerca disperatamente di piacere ai grillini per creare un’alternativa populista di sinistra a quella di Bersani e Vendola. E’ da notare come il leader di S.E.L abbia intuito questo gioco, firmando un accordo con l’ex p.m. per lanciare un referendum allo scopo di abrogare la modifica all’articolo 18, dicendo che “l’idea dell’Italia che ha in mente Bersani è molto interessante, ma noi abbiamo fatto un’alleanza, non una sottomissione: i programmi si decideranno insieme”.

A ciò si aggiunge, poi, l’ombra-spettro di un Monti-Bis. Non è un mistero, infatti, che in mezzo ai due schieramenti, vi sia l’Unione di Centro di Casini che, con il sogno del “Grande Centro” in stile D.C., spinge per una grande coalizione post-elettorale che sostenga un nuovo governo tecnico guidato sempre da Mario Monti. Disegno politico questo che trova riscontro sia nelle parole dell’ex Presidente della Camera, da sempre incondizionato sostenitore dell’attuale governo col ruolo di conciliatore tra i due principali partiti del parlamento, sia nella sua scelta di togliere il proprio nome dal simbolo del partito. Quest’ipotesi piace molto alla comunità industriale e finanziaria, che a Cernobbio ha invocato a gran voce il Monti-Bis. Esemplare è la dichiarazione del presidente dell’Eni Giuseppe Recchi, che di voci in giro per il mondo ne sente, che sostiene: “il processo che (Monti) ha cominciato va portato a termine: Monti ha capacità decisionali e forza negoziale cui non possiamo rinunciare”. Se consideriamo, quindi, che l’attuale governo è stato deciso per l’emergenza della crisi finanziaria, con il rettore della Bocconi scelto proprio perché piaceva ai mercati, bisogna non prendere alla leggera le richieste e le opinioni che sono state espresse a Cernobbio.

In questo quadro molto complesso si scontrano le reali necessità di riforme in senso liberale espresse dalla classe imprenditoriale del paese, un ritorno di fiamma dello statalismo interventista di stampo marxista, un sentimento popolare che spinge verso il ricambio generazionale ed una rabbia montante trasversale che esige un capro espiatorio pescato dalla così detta “casta”.

Nell’ultimo mese anche gli elementi descritti hanno subito un ulteriore rimescolamento: si ha infatti l’impressione che la destra spinga verso una riforma di tipo proporzionale, che le consentirebbe, anche in caso di sconfitta, di mantenere un margine di azione;  mentre proprio la sinistra di Bersani cominci a considerare l’attuale legge elettorale utile a consegnarle una netta vittoria, grazie al forte premio di maggioranza che sarebbe garantito alla sua coalizione.

E’ quindi molto difficile capire come sarà la legge elettorale. Intanto gli appelli di Napolitano a modificarla e le dichiarazioni di intenti si moltiplicano.

Filippo Picinelli


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