Leggere Lolita a Teheran
Creato il 22 marzo 2016 da Kaosblu
@kaosblu
È un libro importante e necessario, ho pensato mentre lo leggevo.Dopo gli attentati alle torri gemelle, e dopo l’Isis, leggere e comprendere l’Islam è un imperativo categorico per evitare di farsi trascinare in conclusioni strumentali che provengono sia da una parte che dall’altra. Leggere Lolita a Teheran non è un saggio, è il racconto di un periodo di vita della protagonista, Azar Nafisi, scrittrice iraniana che dal 1997 risiede negli Stati Uniti. Laureata in Letteratura inglese e americana all’Università dell’Oklahoma, torna nel suo paese e vi insegna letteratura per quasi diciott’anni. Nel 1995 si trova impossibilitata nel continuare le sue lezioni universitarie senza attirare dissensi da parte delle autorità, a causa della sua educazione occidentale e, per questo motivo, deve abbandonare l’insegnamento: siamo nell’Iran che ha conosciuto la rivoluzione islamica e la presa di potere dell’Ayatollah Khomeini. Una volta allontanatasi dall’Università Tabatabai decide di organizzare un ciclo di lezioni segrete, da tenere nel suo appartamento, per le sue sette migliori allieve. Le otto donne cominciano a incontrarsi in segretezza ogni giovedì mattina e Lolita, Il grande Gatsby, James, Austen, sono gli autori o le opere che discutono. La letteratura, quindi, diviene evasione dalla realtà e spunto di discussione della realtà.La religione era diventato uno strumento di potere, il regime aveva usurpato le vite di tutti gli iraniani, aveva confiscato i loro momenti più intimi e i loro desideri. Il regime aveva annullato l’individualità e la capacità immaginativa di ognuno, sostituendola con quella della dittatura. La capacità di rappresentare un altro mondo al di fuori di qualsiasi controllo spaventa tutti i regimi totalitari.
Il libro è un omaggio alle donne che in quegli anni hanno resistito, un omaggio alla letteratura e alla sua capacità di creare mondi e di alimentare la libertà di pensiero e dunque d’azione. “Ormai mi sono convinta che la vera democrazia non può esistere senza la libertà di immaginazione” scrive Nafisi alla fine del libro.
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