La tesi sostenuta dalla pubblicazione, riportata peraltro sulla prestigiosa rivista medica " Lancet", risiede nella correlazione di un minor tasso d'abortività nelle regioni dove la legislazione a riguardo è più permissiva e della necessità di ulteriori investimenti in pianificazione familiare e in servizi per "l'aborto sicuro". Non sono mancate prevedibili manifestazioni di tripudio da parte delle organizzazioni abortiste ma molti dubbi di ordine scientifico e metodologico sono stati sollevati. In Italia ne ha parlato il dott Renzo Puccetti, specialista in medicina Interna e membro della Research Unit della European Medical Association nel suo articolo pubblicato su dove apertamente si chiede "se davvero questa lettura sia rispettosa della realtà, o se invece non sia piuttosto una rappresentazione conveniente per una prospettiva molto ideologica".
"Il Guttmacher Institute", sottolinea, " fa parte di quella che viene chiamata "lobby dell'aborto" e che chiede alle istituzioni internazionali di riconoscere l'interruzione volontaria di gravidanza come parte dei cosiddetti diritti riproduttivi". Inoltre, rispetto alla metodologia, parla di "zibaldone grezzo [...] assai distante da quella trasparenza sui metodi seguiti che consente la verificabilità e riproducibilità propri del metodo scientifico galileiano". E' verificabile "l'enorme grado di variabilità ed incertezza che sottende tutte le metodologie impiegate per stimare gli aborti clandestini". Su questa base incerta non è da dimenticare la testimonianza diretta del dottor Nathanson -responsabile di 75.000 aborti, poi convertito al Cattolicesimo e alla causa pro-life-, riguardo alla tecnica pluri-collaudata del gonfiare il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza come strumento di pressione per l'ottenimento di provvedimenti pro-aborto. Inoltre, rispetto allo studio, bisogna considerare l'impiego di dati crudi anziché corretti per i numerosi fattori in grado di modificare gli stessi dati [...] Ci si chiede così perché gli esperti che hanno pubblicato lo studio non abbiano corretto i dati di abortività per i numerosi fattori che notoriamente influiscono sul ricorso all'aborto: reddito, religiosità, fecondità, scolarità, razza, solo per citarne alcuni.".
L'invito è quello di comparare le stime del numero degli aborti prima della legalizzazione in alcuni paesi occidentali, come fa lo stesso ricercatore. Inoltre sono numerosi gli studi (indipendenti) che certificano direttamente come "legalizzare l'aborto significa accettare l'aumento degli aborti": in , così come in , negli Stati Uniti, in così come in , ecc. E se anche il nostro parlamento (in modo trasversale), decide di dotarsi di un Intergruppo parlamentare per la vita, allora significa che è veramente palese -come sostiene il Prof. Puccetti- che "combattere per leggi restrittive significa combattere per la vita". Segnaliamo la testimonianza di questa mamma, lacerata dall'IVG e che dopo 15 anni ha trovato il coraggio di condividere l'insegnamento che ha tratto dal proprio dolore, e la storia di Debora, capace di donare la propria vita per quella della figlia neonata.
Nicola Z.