Magazine Cinema
di Spike Jonze (Usa, 2013)
con Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson (voce), Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde
durata: 126 min
★★★★☆
'L'amore è la sola follia socialmente consentita'. Il futuro in cui si colloca Lei è davvero molto prossimo se pensiamo alla portata di questa frase: in queste parole, pronunciate da una sempre più brava Amy Adams, c'è tutta l'essenza del film diretto da Spike Jonze. Come sempre la fantascienza descrive un mondo possibile per fare luce sul presente, e poco c'entrano i computer e i social network: Lei non parla di questo, o almeno lo fa solo incidentalmente, e la tecnologia è solo il fine per arrivare al nocciolo del film, il Grande Quesito. Ovvero: nel mondo di oggi, sempre più 'virtuale' in fatto di relazioni e sempre meno 'tangibile', è veramente così difficile innamorarsi? O meglio, c'è ancora, in questo mondo sempre più impersonale e frenetico, la voglia di stringere legami sentimentali veri? In qualsiasi forma, badate bene...
Questo è ciò di cui si parla in Lei: la superficialità nei rapporti interpersonali, la difficoltà di comunicare, la paura di affrontare il prossimo e la conseguente e progressiva (in)capacità di ascoltare e capire chi abbiamo davanti. L'argomento non è nuovo, segno che questa insicurezza è davvero un fattore caratterizzante della nostra epoca: qualche anno fa il cinema ci aveva già regalato un capolavoro assoluto del genere, passato purtroppo (quasi) inosservato. Il film era The Social Network di David Fincher, che analizzava con glaciale razionalità e indicibile tristezza l'umanità al tempo di facebook. Lei invece è molto più romantico e struggente, complice la sceneggiatura affabulatoria e raffinata di Spike Jonze (giustamente premiata con l'oscar), ma la conclusione è la stessa: l'umanità 2.0 ha una paura matta di lasciarsi andare, frenata dall'irrazionale timore di mettersi a nudo, di dichiararsi al prossimo. Una paura atavica, vecchia quanto l'uomo stesso, ma che le moderne tecnologie ci hanno illuso di poter superare, di poter comodamente saltare questo passaggio grazie all'impersonalità di un computer.
Non a caso Theodore, il protagonista del film (un sempre magnifico Joaquim Phoenix) di mestiere fa lo scrittore di lettere d'amore altrui: scrive, cioè, per conto di una rivista, dichiarazioni amorose di persone che non si sentono adatte a farlo. E' il migliore nel suo campo e tutti i colleghi si complimentano con lui, eppure la sua vita sentimentale non va certo a gonfie vele: si è appena separato dalla compagna senza apparente motivo ed è un uomo profondamente infelice. Vani sono anche i tentativi dell'amica Amy di combinargli incontri con altre donne: Theodore si arresta sempre al momento di 'impegnarsi', di dare una sterzata alla sua condizione.
Succede però che un giorno Theodore acquista, quasi per gioco, un nuovo sistema operativo di ultima generazione, all'avanguardia nel campo dell'intelligenza artificiale: in pratica il nuovo software ha la capacità di interagire con il cervello umano, provando sensazioni e sentimenti veri man mano che questo accumula informazioni sul suo possessore. Theodore resta affascinato dalla macchina più umana che gli sia mai capitata tra le mani: le dona una voce femminile (nella versione originale quella, sensualissima, di Scarlett Johansson), un nome da donna (Samantha) e, incredibilmente, inizia a flirtare con il computer finendo con l'innamorarsi perdutamente di quella voce e di quell'apparecchio che, almeno all'inizio e almeno in apparenza, gli regalano quella serenità e quell'energia (anche sessuale) per tanto tempo represse...
Detto così viene da temere che la pellicola possa scivolare rovinosamente nel ridicolo involontario. E invece Spike Jonze riesce nel miracolo: quello di convincerci che ciò che vediamo sullo schermo è assolutamente verosimile, e che l'amore provato da Theodore per Samantha non è nè platonico nè isterico, ma profondamente reale. Forse è un amore nuovo, diverso, sotto una forma inimmaginabile eppure coerente con la definizione che gli innamorati danno all'amore stesso: la follia, appunto, la passione, la condivisione dei sensi. Ed ecco che allora (perdonateci il piccolo spoiler) il Grande Dilemma di inizio recensione si materializza di nuovo: quando il legame sentimentale tra Theodore e Samantha diventa stretto (e Theodore, forse per la prima volta in vita sua, lo vive con tutto l'ardore di cui è capace) stavolta è Samantha, ormai anch'essa 'umanizzata', a fuggire, a defilarsi per cercare 'altro' (vedere il film per capire...)
Lei è una pellicola che ha la forza di emozionarti e stringerti il cuore, malgrado qualche difettuccio 'estetico' assolutamente ininfluente (qualche logorrea di troppo e un'eleganza di fondo - nelle scenografie, nei vestiti, nei dialoghi - che rischia di scadere nel patinatismo). Da vedere necessariamente nella versione originale sottotitolata: comunque la si pensi sulle qualità artistiche di Micaela Ramazzotti (pessime, per il sottoscritto), vedere questo film doppiato significa vedere un altro film. In un film dove la voce è davvero tutto.
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