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Lei dice che ha preso ad odiare il suo corpo

Creato il 19 gennaio 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

di Giuseppe Catanzaro

Un paio di inverni fa Silvano prese una cotta potente per una tizia che lavorava alla Feltrinelli, poteva avere una decina di anni più di lui forse…di certo aveva labbra che lasciavano pensare e ripensare.

In quello stesso periodo Robertino aveva smesso di fumare per un paio di giorni e raccontava quei momenti come qualcosa di agghiacciante, aveva un approccio compulsivo al vizio, aveva qualcosa di patologico verso tutto ciò che gli piacesse molto.

Graziano detto il disperato stava preparando anatomia e non aveva voglia di vedere nessuno, nemmeno Silvano e Robertino, che in ogni caso vivevano in casa con lui, e quindi li doveva vedere comunque, quando c’era da pranzare o cenare ad esempio, o quando usciva di camera per andare al cesso.

A volte quando il disperato li incrociava per casa, sbuffava e imprecava fra sé e sé contro dio.

Silvano e Robertino chiamavano continuamente il padrone di casa,  perchè lo scaldabagno da qualche tempo faceva le bizze, i muri avevano delle crepe sinistre e forse c’era un serpente nascosto da qualche parte in cucina…lo aveva intravisto per la prima volta Robertino, lo aveva descritto come un piccolo pitone che era sgusciato, da rettile leggero qual’era, sotto la credenza. Non gli aveva creduto nessuno e anzi era stato preso per il culo per una settimana intera, ma poi il disperato, mentre era andato a fare spuntino notturno, aveva gridato forte vedendolo con la coda dell’occhio  aggirarsi dietro il frigo.

Quando spostavano i mobili non riuscivano mai a beccarla, dannata serpe, che sembrava essere fuori controllo totale.

In ogni caso il disperato disse che era una vipera e non un piccolo pitone.

Silvano di lì a poco smarrì la bussola, completamente: andava ogni giorno alla Feltrinelli per spiare la ragazzotta tutta sorrisi, comprava cd in continuazione, solo per passarle davanti e farsi fare lo scontrino…diceva che aspettava il momento opportuno per conoscerla e chiederle di uscire e poi di fare l’amore e così via, finchè morte non li avrebbe divisi.

Quel pomeriggio tornò a casa con Rocket to Russian dei fratelli Ramones, e allora lo mise sullo stereo e fantasticò fin quando non comparve il disperato che incazzato nero per tutto quel casino, gli tirò il manuale di anatomia, ferendolo al braccio tipo contusione.

Non avevano roba nel frigo da parecchi giorni ormai.

Rimaneva qualche rimasuglio, qualche cosa nella credenza e tipo dei barattoli di salsa .

Fuori pioveva quasi da sempre.

Silvano aveva capito che la tipa della Feltrinelli era un gran stronza e forse manco era tutta sta gran fica, quindi si guardò allo specchio e decise di non sorbirsi mai più litri di pioggia per andare a vederla e spendere soldi per cd.

Il disperato un giorno ebbe un attacco d’ira e distrusse due piatti di ceramica e una piccola radio con cui loro tre sentivano le radiocronache delle partite di pallone.

I pasti erano tutti molto simili: pasta col sugo, uova o patate o frittate di patate…uscire a fare rifornimento di scorte, con quella pioggia era quasi impossibile, avevano anche finito la carta igienica e a Robertino era venuta l’idea di utilizzare per pulirsi tutte quelle vecchie copie della Gazzetta dello sport che ingombravano l’ingresso.

Una sola volta Silvano era uscito di casa, con i coglioni girati ed era andato a dire alla tipa della feltrinelli che aveva rotto le palle con quei sorrisi finti e che doveva andarsene a fanculo stronza di una commessa. Lei aveva chiamato subito la sicurezza, ma dopo avere preso un paio di ceffoni, Silvano si era calmato.

Robertino aveva fatto, qualche tempo prima, una bella scorta di tabacco, filtri e cartine, quindi si passava le ore chiuso in camera a sentirsi musica dei primi anni novanta e a rollarsi sigarette…a volte Silvano entrava e parlavano del disperato, che stava oramai in cucina a urlare da solo e a sbavare da tipo tre giorni, ed erano contenti perchè non lo avevano mai visto così bene.

A poco a poco i fratelli Ramones stavano crepando tutti.

I telegiornali non dicevano un cazzo di ste cose.

L’inverno sembrava durare dagli anni sessanta, l’inverno più lungo di sempre. Lo scaldabagno funzionava due volte su tre, e quindi a turno uno di loro faceva la doccia fredda, che tipo significava poter morire da un momento all’altro: una roulette russa.

Capitava quasi sempre al disperato, che prima di entrare in doccia si faceva due whiskey da una vecchia bottiglia di Red Label arrivata alla quarta generazione di inquilini, poi mordeva con tutta la forza che aveva in corpo un asciugamano, ed apriva l’acqua e piangeva.

Uova sode, insalata di patate e tonno in scatola.

Spaghetti col burro e un po’ di fagioli.

Uova fritte e pane duro.

Pasta con la salsa della madre di Silvano e mega frittata con nulla.

A volte il disperato gridava nel sonno e bestemmiava la vita e anatomia e gli esami e l’ ulcera e tutte le scopate che non aveva potuto farsi e aveva un pianto lamentoso ed estenuante che svegliava gli altri coinquilini…Silvano in quelle occasioni si voltava dall’altra parte del letto e sorrideva perchè il peggio per il disperato era passato e ora stava bene.

Un giorno, in tarda mattinata, trovarono quel benedetto serpente vicino al lavello. Morto stecchito. Ora sapevano di non essere pazzi!

Silvano disse che se lo avessero mangiato non sarebbe successo nulla di grave.

Il disperato fu d’accordo e anche robertino.

Fecero soffriggere un po’ di burro e buttarono in padella la vecchia serpe tutta intera anche con la testa…

Silvano aggiunse del pepe, mentre Robertino aprì una bottiglia di vino che avevano trovato una volta vicino l’università.

Alla fine, quella vecchia serpe si rivelò un pasto coi fiocchi.

Dopo cena il disperato iniziò a tremare e ad avere spasmi violenti.

Sbatteva i denti, poi li digrignava.

Sembrava un film splatter mal assemblato.

Robertino fumava nervosamente, Silvano aveva bagnato una pezzuola e gli rinfrescava la fronte.

Il disperato cominciò a pisciarsi addosso e a dire blasfemìe.

Avrebbero dovuto portarlo al pronto soccorso, ma davvero c’era un freddo maledetto fuori, ed oltretutto pioveva ancora come fosse il diluvio universale.

Lentamente il disperato ritornò in sé, si calmò, ritornò tranquillo, riprese in mano il manuale di anatomia e urlò disperatamente tutta la notte e anche nelle mattinate. Si era ripreso e stava bene grazie al cielo.

Avevano perso la concezione del tempo.

Vivevano soltanto muovendosi nello spazio di casa, senza avere più dimensione temporale, senza sapere cosa è prima, cosa è adesso e cosa sarà dopo.

L’ultima volta che Robertino si era interessato alla data era all’incirca fine ottobre…una mattina si svegliò che vide fuori dal balcone gli addobbi natalizi.

Cercarono in tutti i modi di capire che giorno fosse.

Non c’era modo di saperlo, il disperato aveva rotto la radio in uno dei suoi attacchi d’ira.

Silvano disse che per come stavano le cose avrebbero potuto fare finta che fosse natale, tanto giù di lì sarebbe arrivato sul serio.

Prese a nevicare di brutto, tipo tormenta di neve.

Passarono il giorno di natale rannicchiati sotto le coperte e i piumoni e tutti gli stracci che avevano racimolato in giro per casa.

Non c’era più carta igienica ed ora anche i fogli della gazzetta dello sport con cui si erano puliti per giorni erano terminati…Robertino andò in bagnò e si pulì il culo con una vecchia maglietta del disperato.

Silvano tenne la testa sotto il cuscino per ore e sperò che la tipa della Feltrinelli fosse triste almeno quanto lo era stato lui quando da piccolo, nel giro di pochi giorni, gli erano crepati tutti e quattro i nonni.

E l’ansia crebbe lentamente fino a cena.

Visto che era la notte di natale decisero di creare un po’ di atmosfera intorno alla tavola: accesero delle candele e apparecchiarono con cura, stapparono un buon vino rosso che odorava di acqua salata.

Si sedettero, cenarono con dei crackers imbevuti in un piatto con olio sale e origano.

Il disperato aveva le labbra talmente consumate dal freddo che gli sanguinavano vistosamente.

Robertino fumava la sua sigaretta e gli tremavano i denti e le mani ed anche le ossa.

Rimasero seduti in silenzio fino a mezzanotte.

Si scambiarono gli auguri con affetto.

Silvano prima di dormire guardò fuori dalla finestra la neve e il gelo, pensò che tanto tra poco era di nuovo estate.


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