Sale sulla navetta che collega Orio al Serio a Milano. È giovane, avrà poco più di vent’anni. Color cioccolato, vestita di mille colori. Tutti caldi tranne la maglia viola che le copre le braccia grasse. Ha la testa coperta da un velo: fa caldo, ma lei ha scoperto solo il viso perfettamente rotondo, e le mani piccole. Delle macchie color ruggine le tingono le unghie. Traballa un po’ quando entra, e quasi cade addosso a un uomo. Scuro anche lui. Bello. Coi dreadlocks, le braccia muscolose, rughe che sembrano disegnate. Tra i quaranta e i cinquanta. Mi dà l’idea di essere un percussionista e di fare capoiera. Magari non è niente di tutto questo: era seduto accanto a me, sul volo Bari/Milano. Ha usato il cellulare mentre l’aereo decollava: la hostess l’ha visto ma non l’ha sgridato. Ha dormito quasi tutto il volo. I nostri bagagli erano attaccati, per terra, non nelle cappelliere. Le cappelliere di Ryanair non contengono mai il giusto. Sulla navetta, aiuta la donna a ritrovare l’equilibrio e le fa un sorriso. Lei mi si siede accanto, posizionandosi senza delicatezza fra me e lui. Il suo sedere è ingombrante, ma non mi tocca. Non si accomoda. È come se fosse seduta su un cumulo di vetri. Stringe a sé uno zaino pienissimo. In una mano ha dei fogli arrotolati, li apre un po’: c’è scritto Polizia di Stato nell’intestazione. Nell’altra mano ha un’agendina piccolissima. Tira la manica dell’uomo e gli chiede qualcosa che non capisco. Neanche lui capisce. Lei ripete: Call. Lui le passa il suo cellulare, senza chiedere. Senza guardarmi. Lei fa un numero e scoppia a piangere al telefono. Parla una lingua che non so. Che mi sembrano mille. Urla. La gente è infastidita perché ha sonno e vorrebbe dormire. La persona dall’altra parte del cellulare sembra parlare in italiano. Lei lo passa al proprietario. Si parlano. Pochi minuti dopo, il cellulare squilla di nuovo. È per lei. Ma lei non capisce. Urla più forte. Urla come i disperati. Lui l’aiuta. Prende accordi per lei. Binario 4 della Stazione Centrale. Ce l’accompagnerà personalmente. Lei non urla più. Dice: thank you. Lui poggia la fronte sul sedile davanti e dorme fino a Milano. ù