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lei sta aspettando

Creato il 26 giugno 2013 da Verdeacqua @verde_acqua
Lei è seduta lì. Sorride. Ha quel sorriso, un pò vuoto ma contemporaneamente ricco, di chi spera, di chi ci vuole credere, di chi è già caduta. Non è la sua prima volta, si vede.
Lei saluta, come una che conosce, che passa spesso di lì.
Aspetta come altre dieci. Tante così siamo. Tutti i giorni un sacco di donne che aspettano. E aspettano.
Lei dispensa consigli, è preparatissima. Sa tutto. Una mini laurea da autodidatta in infertilità.
Lei non riesce a pensare ad altro. Lei ci prova ma è qualcosa di troppo grande, qualcosa di totalmente irrinunciabile. Lei sta aspettando.
Ha imparato cos'è la pazienza ma non la rassegnazione. Lei lo vedi, nel modo di toccarsi i capelli, nel modo di regalare sorrisi anche se sembrano un pò forzati, nel modo di rigirarsi la fede al dito, che è preoccupata. Lei sta aspettando. E' importante quell'ecografia. Potrebbe cambiare qualcosa. Lei aspetta ancora, un'altra volta, un nuovo verdetto.
E poi c'è lui. E' dietro di lei, in piedi, una mano sulla sua spalla. Lui è il lui della pma. Gli uomini diventano docili. Stanno lì, spesso in imbarazzo, innamorati, sempre in silenzio.
Chi affronta questo percorso e lo attraversa proprio nel mezzo ha basi solide, la pma è solo per chi si ama davvero, profondamente, un amore che rinuncia agli imbarazzi, che richiede una complicità matura e radicata. La pma devasta nel profondo e non si può aver paura di far vedere quello che si prova. Non si può cercare di tutelare l'altro dal dolore. Ci si immerge mano nella mano.
Li guardavo e loro erano così. Si vedeva. Profondamente innamorati, profondamente insieme in questa cosa. Lei più dentro, lei riesce meno a farsene una ragione, lui non può farsene una ragione se lei ne soffre così.
Li guardavo e mi sono venute le lacrime agli occhi.
Saranno dei genitori meravigliosi, avrei voluto dirglielo. Ma ero seduta dall'altra parte della sala d'attesa e probabilmente, essendo la prima volta che li vedevo, mi avrebbero presa per pazza.
O forse no.
E' arrivato il loro turno. Io aspetto ancora.
Entrano.
La sala d'attesa si riempie di silenzio. Prima chiacchierava solo lei.
Passano circa quindici minuti. Come per tutte. Così è l'attimo che fa vedere come stanno le cose. Crudo, senza tanti giri di parole.
Escono.
Mano nella mano.
Lei ha gli occhi lucidi, lo guarda, è bellissima, gli sorride, alza le spalle, come una bambina quando sta per scoppiare a piangere, e gli sussurra: "dai su, andrà meglio la prossima volta".
Un sorriso pieno di dignità. Pieno di amarezza. Il sorriso più triste che abbia mai visto.
Era il primo momento senza medici, solo loro due, anche se con tutte noi in attesa intorno.
Ma era come se fossero soli. Tutto il resto non importa.
Lui la stringe e sempre in silenzio se ne vanno. Abbracciati.
Si sono allontanati, un pò più curvi e un pò più attaccati.
Avrei voluto rincorrerli e dirglielo che saranno genitori fantastici ma non ce l'ho fatta.
Quel sorriso triste mi ha immobilizzata alla sedia.
Sono tornata a casa e ho riempito di baci mio figlio, più del solito.

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