Lelio Luttazzi non era solo un musicista, infatti fece anche molto altro nella vita, ma di sicuro aveva il jazz nel sangue. Chi ne ricorda le performance non può dimenticare come le sue mani si muovessero danzando sui tasti del pianoforte. Un modo di suonare speciale che era la sintesi di un uomo e che ne configurava lo stile artistico e personale. Luttazzi era una persona vera che convinceva come artista e come persona perché incarnava la particolare eleganza e lo charme di un uomo con la classe di un altro secolo.
La mostra “Lelio Swing – 50 anni di storia italiana“, ospitata ai Mercati Traianei dal 7 novembre 2013, al 2 febbraio 2014, ne evidenzia più aspetti. Esposti ricordi e memorabilia di un tempo che era quello del miracolo economico, quando dopo le fatiche del dopoguerra si guardava con speranza al futuro. Esposti oggetti di ogni genere come un microfono radiofonico anni ’40, il televisore Geloso anni ‘50/’60 e perfino un bellissimo juke box dal design originale e dai mille colori luminosi come quelli che scaldavano le sere e i cuori di tanti giovani nei bar di provincia di tutta Italia. Tutti oggetti che sono ormai autentico modernariato. Da lì scaturivano le voci dei big del tempo. Un tuffo nel passato prossimo raccontato con dischi in vinile, fotografie, video, manoscritti, lettere e locandine e manifesti di film a cui Luttazzi partecipò sia come attore che come compositore. La mostra consente un vero viaggio nel tempo che dura circa cinquant’anni: si inizia da prima della guerra per arrivare all’ultimo concerto nel 2009. Erano gli anni ’40 e il nostro artista era ancora a Trieste, la città dove era nato e dove suonava con “I Gatti Selvatici”, il suo primo gruppo jazz, per poi passare da Torino dove diresse per la Rai la prima orchestra d’archi ritmica e poi a Roma dove partecipò alle trasmissioni di Antonello Falqui. Pippo Baudo, presente all’inaugurazione, ne ricorda lo stile dal piglio anglosassone e la particolare dolcezza di carattere.
La mostra si caratterizza anche per le divertenti sale allestite ciascuna in modo diverso; da notare in particolare un pianoforte virtuale col quale lo spettatore si può cimentare a creare un contrappunto e duettare con il grande maestro dello swing. La mostra, che vede la supervisione di Enrico Vaime, Pupi Avati e Piera Detassis, è curata da Cesare Bastelli e Silvia Colombini. Service Zètema Progetto Cultura. Leonardo Scarpa per le scenografie. Di sottofondo, delicate e struggenti, le note di “After you’ve gone” il brano che il giovane Lelio ascoltò adolescente e che lo fece invaghire di Armstrong del jazz. L’allestimento originale e fantasioso delle otto sale e sette sezioni della mostra è stato fatto grazie all’amore di alcune persone che credono ancora che fare una mostra “bella” sia un dovere culturale e sociale.
Alessandra Cesselon