A quasi tre anni dal suo ultimo album, Echo, Leona Lewis ritorna con Glassheart, attesissimo lavoro discografico la cui uscita è stata più volte rinviata. Se il suo secondo disco non aveva sortito il successo sperato, adesso la Lewis cambia ricetta: nessuna cover, com’era invece successo per i suoi precedenti lavori, né una virata estrema verso la dance, se si eccettuano il primo singolo Trouble featuring Gambino, che ritroviamo anche in una solo version, e la titletrack. La vincitrice della terza edizione di X Factor UK sfodera di nuovo la voce, e ci regala un disco variegato, ma coerente. Sono soprattutto le ballads a catturare l’attenzione dell’ascoltatore, pezzi come Lovebird e Fireflies, i quali, forse non faranno epoca, ma mostrano una Leona più matura e consapevole delle sue potenzialità vocali. La Lewis evita adesso i tentativi dance mal riusciti, come il deludente singolo Collide, lasciato fuori dalla raccolta, per far spazio a tracce ritmate senza dubbio meglio riuscite, tra i quali l’omonimo Glassheart, prossimo singolo estratto.
Dodici pezzi in tutto, tra i quali si distinguono anche Stop the Clock e, in chiusura, Fingerprint.
Ripetere lo stesso successo del debutto con Spirit (2007) è impossibile, ma con questo terzo disco Leona potrà di sicuro far dimenticare ai fan il pasticcio di Echo, di cui nulla o poco rimane, e EP sperimentali vari, per portare a casa qualche soddisfazione, ritrovando il suo pubblico, ma, soprattutto, se stessa.