Un mistero nel mistero: la perfezione della tecnica pittorica di Leonardo da Vinci. In particolare lo sfumato, che ammorbidisce i contorni avvolgendo volti e paesaggi in una leggera foschia. L’artista toscano ha descritto alcune delle sue teorie sull’arte della luce nel Trattato della Pittura, ma si sa ben poco sulla loro applicazione concreta. Ecco perché i ricercatori del Centre de recherche et de restauration des musées de France (C2RMF) hanno messo insieme lo studio dei testi antichi e le più moderne tecnologie per tentare di scoprire alcuni segreti leonardeschi.
“Abbiamo iniziato con lo sviluppo di un dispositivo portatile di spettrometria fluorescente a raggi X per fare le misurazioni all’interno del Louvre, senza creare danni”, spiega il direttore della ricerca, Philippe Walter. Per determinare la composizione e lo spessore di ogni strato di materia, sono stati utilizzati spettri di fluorescenza a raggi X, un particolare metodo di analisi chimica che non ha bisogno di prelevare campioni di colore sulla tela. La spettrometria fluorescente consiste nel bombardare con i raggi X l’area che si vuole esaminare, e studiare quali sono gli elementi trasmessi. Si può così caratterizzare la composizione dei pigmenti in un quadro e anche ottenere informazioni sugli strati che lo compongono.
Armando Solé, ricercatore dell’European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble (ESRF), ha poi elaborato un software di simulazione che fornisce un nuovo metodo di analisi quantitativa delle misurazioni effettuate in fluorescenza a raggi X.
La Gioconda sotto esame - foto AFP
Finora i ricercatori hanno applicato il loro metodo a sette dipinti del Louvre, L’Annunciazione, La Vergine delle rocce, il Ritratto di Dama (La Belle Ferronnière), La Gioconda, San Giovanni Battista, Bacco e Sant’Anna, la Vergine e il bambino. Quali segreti sono stati svelati? Leonardo avrebbe utilizzato molteplici miscele di materie e pigmenti per ottenere le ombre sui volti. Per La Belle Ferronniere, per esempio, il maestro ha usato pigmenti scuri per le ombre invece di far ricorso alla tecnica del glacis, cioè un lieve e morbido spessore della pittura a olio. “Questo dimostra la sua volontà di sperimentare e di innovare costantemente”, sottolinea Philippe Walter.
D’altra parte, si è ipotizzato che il famoso sfumato, che caratterizza quattro dipinti del Louvre, tra cui La Gioconda, è stato ottenuto applicando un glacis composto da strati traslucidi debolmente pigmentati. Ora conosciamo la composizione dei pigmenti e lo spessore: 1-2 micrometri. E’ dunque confermata l’attitudine di Leonardo a lavorare con grandissima precisione.
Fonti: Les Echos, AFP.