Annalisa Stancanelli per Non solo Mozart
C’era una volta una sposa molto particolare, e c’era anche uno scenografo straordinario. Siamo nel 1490 a Milano, alla corte di Ludovico il Moro. La sposa è Isabella d’Aragona, lo sposo è Gian Galeazzo Sforza, lo scenografo è Leonardo da Vinci.
I due sposi erano convolati a nozze l’anno precedente ma non avevano potuto festeggiare perché era morta la madre di Isabella, Ippolita. Ludovico il Moro, allora, approfittando della presenza di Leonardo, che si era presentato alla corte come “musico”, gli affidò l’allestimento di tutto lo spettacolo celebrativo, passato alla storia come “Festa del Paradiso”.
Della meraviglia suscitata nei contemporanei dalla messa in scena ideata da Leonardo si trova testimonianza in un documento, custodito nella Biblioteca Estense di Modena:
El Paradiso era facto a similitudine de uno mezzo uovo, el quale dal lato dentro era tutto messo a horo, con grandissimo numero de lumi ricontro le stelle, con certi fessi dove stava li sette pianeti, segondo el loro grado alti e bassi. A torno l’orlo de sopra del dito mezo tondo era li XII signi, con certi lumi dentro del vedro, che facevano un galante et bel vedere: nel qual Paradiso era molti canti et soni molto dolci et suavi.
Anche il poeta Bernardo Bellincioni scrisse sulle celebrazioni:
V’era fabbricato, con il grande ingegno et arte di Maestro Leonardo da Vinci fiorentino, il Paradiso.
Leonardo si occupò della scelta della location e dei costumi, ideò macchine teatrali, creò magnifici giochi di luci. La sala del castello assunse una disposizione a ferro di cavallo, perfettamente adeguata alla concezione della festa del Paradiso come un insieme di eventi spettacolari: le danze eseguite dai principi, i balli delle maschere e infine la rappresentazione più propriamente teatrale.
La struttura di questa festa era composita: a una prima parte con una serie di fastose ambascerie, in parte fittizie in parte reali — che rendevano omaggio alla coppia ducale con entrate solenni, cavalli e cavalieri, danze e doni spettacolari — seguiva una rappresentazione allegorico-mitologica. Le prime ambascerie venivano seguite dalle ambascerie dei grandi del Cielo con tripudio di Grazie, Virtù e Dei, guidati da Giove in persona.
La rappresentazione teatrale iniziò a mezzanotte e mezza, orario scelto come propizio dall’astronomo di corte, al termine delle ambascerie terrene; dopo la caduta di un primo sipario di raso, con un controluce e le figure velate, un angelo si presentò ad annunciare la rappresentazione. Il Paradiso era fatto a forma di semiuovo, tutto d’oro all’interno, con molte luci che davano l’impressione delle stelle e con delle nicchie dove stavano gli attori, vestiti secondo la tradizione classica, che rappresentavano i sette pianeti, posizionati a seconda del loro grado.
Come scenografo, Leonardo lasciava senza fiato il suo pubblico grazie all’allestimento di scenografie con veli, stoffe, luci; rimangono celebri l’arditezza del volo simulato in scena durante la rappresentazione della Danae di Baldassarre Taccone, nel 1496, in casa del conte di Caiazzo a Milano, e il leone meccanico costruito in Francia per Francesco I, che si muoveva e dal cui petto uscivano fiori. Leonardo si occupò anche della rappresentazione di un Orfeo, ma non si è certi si tratti dell’opera del Poliziano.
Annalisa Stancanelli