Passati i tempi in cui ci si illudeva che i social network servissero solo ad accorciare le distanze, ci si è finalmente accorti della metamorfosi cui la nostra specie umana li ha sottoposti e alla quale si è sottoposta a sua volta. Sono infatti diventati l’arena di nuovi leoni e gladiatori, pronti a dare spettacolo a un pubblico poco meno virtuoso di Alipio, amico del celebre Sant’Agostino, disgustato e allo stesso tempo morbosamente attratto dalla scanna in Colosseo.
Non si può biasimare chi, vessato e diffamato in rete, voglia porre un freno alla violenza verbale degli utenti di twitter&co, soprattutto se è in potere di farlo. Mi riferisco ai provvedimenti che vorrebbe prendere il Presidente della Camera Laura Boldrini, subissata di offese appena varcato l’ingresso in Parlamento. Non offese politiche, o forse anche. Un’aggressione di massa, violenta, al suo essere donna, specchio del più bieco sonno della ragione degli abitanti delle nostre lande.
Trapassato remoto il Verbo di Voltaire, il suo elogio della tolleranza. Forse siamo piombati in un nuovo Medioevo, e stavolta la Chiesa c’entra poco.
Lontani i tempi in cui offendere era un’arte, coltivata in sonetti caudati, giocosamente, addestrando la propria verve all’irriverenza, non certo alla minaccia. A dimostrarlo, il recente il caso di Caterina, la venticinquenne che si è dichiarata a favore della sperimentazione medica sugli animali perché è grazie a questa che può dirsi viva. Abboccando all’amo dei telegiornali, mi ritrovo a scrivere un post sulle escandescenze degli animalisti che le hanno augurato la morte. Assisto quotidianamente a reazioni di questo genere, ma le mie sopracciglia non smettono di aggrottarsi ogni volta. Le discussioni pubbliche trascinano, talvolta, anche gli spiriti più miti a uscir fuori di sé, ma è questione di esercizio: non bisogna abbrutirsi solo perché non ci si guarda in faccia.
Qualche pecora che si veste da leone l’ho conosciuta e, lo dico per il bene di tutti i greggi che a parole si vestono d’artigli: cari leoni da tastiera, non ci fate bella figura offendendo e sbraitando come se v’avessero ammazzato un parente o la discussione fosse vitale per le sorti del mondo. L’aggressione gratuita, priva di argomentazione, è sintetizzabile nei “capra” sgarbiani e nei “vaffanculo” grillini. Chi, in maniera violenta, vuole imporre il proprio punto di vista, non solo mostra di soffrire di un qualche disturbo d’egocentrismo (fermentato a dismisura grazie ai socialnetwork, ma iniziato, ricordiamolo, sui programmi di matrice statunitense di Mediaset, come Il grande fratello), ma rischia di essere definito – e trasformarvisi per davvero – un integralista, un fanatico.
Ho un po’ di cose da consigliare a chi fa del grido e dell’offesa il proprio cavallo di battaglia al fine di vincere non si sa bene quali guerre: ascoltate la canzone di Daniele Silvestri, Voglia di gridare; guardate il film di Marco Bellocchio, Buongiorno, notte; leggete l’articolo di Anna Meldolesi, Il nuovo integralismo vegetariano, sul Corriere della Sera.
Un utile esercizio: prima di dare in escandescenze davanti alla lettura di certe irritanti dichiarazioni, seguite il vecchio consiglio appeso nei negozi dei mercanti antipatici, “conta fino a cinque prima di dar fiato alla bocca” e applicatelo alle modalità internaute. Ricordate che i leoni, i quali firmano orgogliosamente commenti superficiali, saccenti e offensivi, sono le prede predilette dei cosiddetti troll, i provocatori della rete. E mentre i primi mostrano una sintomatica incapacità congenita al dialogo e alla dialettica, i secondi se la ridono di brutto.
Infine, non perdete il vostro tempo nel tentativo di avere ragione. L’obiettivo di un confronto è sempre quello di arricchirsi vicendevolmente. È naturale partire dal presupposto di essere nel giusto, a volte con la convinzione del missionario, ma siete ben lungi dal poter essere consacrati nuovi cristi redentori e, nel confronto, potreste anche non avere la meglio. Non fatene un dramma, anzi, ravvedete voi stessi, ne guadagnerete sicuramente in maturità e coscienza. Se, inoltre, vedete che il vostro “avversario” non ha altra intenzione che quella di stracciarvi e umiliarvi pubblicamente, non degnatelo di risposta, non perdete il vostro tempo:
chi infatti non proverebbe antipatia e disprezzo, in primo luogo, verso coloro che consumano il loro tempo in discussioni inconcludenti, e che si danno arie di cercare la verità, ma subito fin dall’inizio cominciano a mentire?1
1 Isocrate, Contro i Sofisti.