Dopo cinque mesi di stallo, l’Ossezia del Sud ha finalmente scelto il suo nuovo presidente, Leonid Charitonovič Tibilov [1]. Già capo dei Servizi di sicurezza del paese e già sfidante del presidente uscente Eduard Kokoity alle elezioni presidenziali del 2006, Tibilov è un politico esperto e dal lungo curriculum istituzionale, avendo negli anni ricoperto anche la carica di Vice Primo ministro ed avendo fatto parte della Commissione di Controllo Congiunta che prima dell’agosto 2008 aveva rappresentato una delle poche possibilità di mediazione all’interno del pluridecennale conflitto osseto-georgiano. Tibilov è risultato il vincitore in entrambi i turni elettorali, ma senza ottenere un numero di preferenze così elevato da rassicurare tutti quegli analisti che ipotizzano un futuro incerto per il paese, alle prese con il completamento della ricostruzione postbellica ed i problemi legati alle strutture produttive e ai posti di lavoro.
Premessa
Per evidenziare quanto il clima di incertezza possa avere influenzato la situazione socio-politica attuale e le relative scelte degli elettori, è opportuno tornare indietro a circa cinque mesi orsono. Il 13 novembre si svolse infatti il primo turno delle elezioni presidenziali, a cui avrebbero dovuto partecipare inizialmente ben 17 candidati, poi progressivamente ridotti a 11. Poiché nessun candidato raggiunse la maggioranza assoluta, di fronte ad una simile dispersione dei voti fu necessario ricorrere al secondo turno, dal quale uscirono i nomi dei primi due candidati, Anatolij Bibilov ed Alla Dzhioeva.
Alla dichiarazione dei risultati ufficiali da parte della Commissione Elettorale Centrale cominciarono le contestazioni da parte del partito Unità e del suo candidato Bibilov, già evidenziati in questa sede dalla precisa analisi di Francesca Malizia [2], ricercatrice IsAG. L’annullamento delle elezioni del 2011 da parte della Suprema Corte osseta portò quindi il locale Parlamento ad indire nuove elezioni volte a designare la massima carica dello Stato.
Terminata la disputa infinita tra Anatolij Bibilov, Alla Dzhioeva ed i loro sostenitori dentro e fuori i palazzi del potere [3], il paese in queste settimane era chiamato ad una prova fondamentale per valutare l’affidabilità delle proprie istituzioni e la garanzia del rispetto della Costituzione su tutto il territorio nazionale. La gestione delle elezioni in certi casi può rappresentare una sorta di prova di orgoglio per il paese stesso e per la Russia, partner fondamentale per la sicurezza e lo sviluppo economico locale.A giudicare dai recenti sviluppi, al di là delle consuete valutazioni negative di Tbilisi [4], sembra possibile esprimere un giudizio sostanzialmente positivo. Pochissime ed ininfluenti le irregolarità segnalate dagli osservatori e dagli staff dei candidati, nessun disordine prima e dopo lo spoglio delle schede, elementi che testimoniano per il momento una positiva sedimentazione delle tensioni politiche, posto che queste ultime in Caucaso vanno spesso associate in vario modo alle rivalità tra le famiglie più influenti.
Elezioni presidenziali 2012
Il 25 marzo si è ripetuto il primo turno elettorale, con i seguenti quattro candidati in gara per sostituire Eduard Kokoity, indiscusso protagonista dello scenario politico locale: Stanislav Kočiev (capo del locale Partito Comunista e speaker del Parlamento, già sfidante di Kokoity in precedenti elezioni), Dmitrij Medoev (Ambasciatore osseto in Russia), David Sanakoev (difensore civico, responsabile locale per la difesa dei diritti umani) e Leonid Tibilov (già capo del locale KGB). Con una affluenza piuttosto elevata, superiore al 70%, si è dovuto attendere poco oltre la mezzanotte per avere un quadro completo dei risultati forniti da Bella Plieva, portavoce della Commissione elettorale centrale.
Similmente a quanto accaduto nel novembre scorso, anche in questo caso è stato necessario un secondo turno per decretare la vittoria di Tibilov, in quanto nessun candidato era stato in grado di superare la soglia della maggioranza assoluta delle preferenze. Il 9 aprile ha avuto luogo l’ultimo atto dell’infinita battaglia presidenziale, che ha visto lo sfidante David Sanakoev raccogliere molti più consensi rispetto al primo turno (42,65%), ma sempre inferiori al 54,12%, risultato con cui Tibilov ha conquistato la vittoria finale.
Alla presentazione dei risultati conclusivi, le dichiarazioni dello sconfitto non si sono fatte attendere: Sanakoev ha riconosciuto il verdetto, inviando prontamente le congratulazioni a Leonid Tibilov, seguito dall’ambasciatore Medoev, dalla Dumaa russa e dal Presidente della Repubblica dell’Ossezia Settentrionale-Alania Tajmuraz Mamsurov.
Superando i tipici schemi che vedrebbero Sanakoev più vicino al presidente uscente Kokoity e Leonid Tibilov più vicino ai suoi oppositori (principalmente la ex-candidata Alla Dzhioeva, l’imprenditore Albert Dzhussoev e la famiglia Tedeev), è interessante notare come il modesto divario elettorale tra i due sfidanti possa alimentare qualche dubbio sulla effettiva rappresentatività del neo-presidente Tibilov.
In generale un leader appoggiato da meno del 60% della popolazione rappresenta una novità in un panorama caucasico fatto di affermazioni elettorali sempre molto ampie, tanto da essere spesso causa di sospetti sulla regolarità del voto. Nel caso di Leonid Tibilov, è legittimo chiedersi se un consenso così misurato possa garantire al paese un periodo di relativa stabilità politica, così come fu nel bene e nel male l’epoca di Eduard Kokoity, oppure se le rivalità famigliari e politiche in un paese così giovane e scarsamente popolato possano alimentare una pericolosa spirale di tensioni.
Intanto un primo segnale positivo e conciliante, al di là dei programmi elettorali in cui tutti più o meno hanno evidenziato la necessità di rafforzare i legami con la Russia, unico sponsor della ricostruzione di Tskhinval e dintorni, è arrivato proprio dallo sconfitto Sanakoev. Il giovane ombudsman osseto, nel ringraziare i membri del suo staff e i suoi elettori, ha espresso la volontà di proseguire il suo percorso politico fondando un nuovo partito, al fine di conservare la fiducia dei sostenitori e sviluppare programmi ed esperienze nate dalla campagna elettorale. In un panorama dominato da politici esperti, spesso al limite dell’anzianità, l’impegno di Sanakoev è certamente da considerarsi un positivo fattore di rinnovamento per il paese, oltreché una possibile garanzia per Tibilov che l’opposizione saprà muoversi con correttezza e rispetto formale delle istituzioni.
Il ruolo dell’Europa nei conflitti in Caucaso
Benché molti osservatori occidentali cerchino di ricondurre il caso dell’Ossezia del Sud nell’enorme elenco dei tanti territori contesi nel mondo, esso rimane un esempio piuttosto peculiare tra i “conflitti congelati”; peraltro, anche l’accostamento del caso osseto a quello dell’Abkhazia porta ad evidenti errori di valutazione del peso che i molteplici fattori etnico-sociali hanno permesso di giungere alla situazione odierna.Alcune settimane fa, di ritorno da un viaggio in Caucaso, ho avuto l’occasione di discutere della situazione in Ossezia del Sud con uno studioso russo, profondo conoscitore dei problemi e delle contraddizioni della regione. Lo stesso sottolineava con fermezza la necessità di distaccarsi dal classico approccio europeo occidentale con cui spesso si è soliti valutare la situazione nelle “repubbliche separatiste georgiane”, uno schema talmente semplificato e semplicistico che ha finito per relegare la diplomazia europea ad una mera sede ospitante freddi colloqui tra parti inconciliabili [5]: troppo distanti le posizioni ufficiali di Tbilisi, Sukhum e Tskhinval, troppo coinvolta la Russia e gli Stati Uniti, troppo inconsistente e frammentata l’Europa, i cui uffici continuano a produrre “reports” e “papers” su Abkhazia e Ossezia del Sud senza che i redattori di tali documenti si siano quasi mai recati a verificare sul posto la correttezza delle proprie considerazioni.
È significativo ricordare ad esempio come la missione EUMM, nata appositamente per seguire gli sviluppi postbellici in Abkhazia ed Ossezia del Sud, si sia guadagnata in poco tempo la diffidenza di Mosca, Sukhum e Tskhinval, oltreché il divieto di effettuare pattugliamenti entro i territori “controllati dagli indipendentisti”. A tutt’oggi la scarsità di contatti tra UE ed i governi locali indipendentisti appare come il fattore maggiormente limitante per promuovere in loco la cultura europea del “confidence building”, posto che questa non pare realizzabile a distanza, oltretutto continuando ad ignorare gli sforzi di Sukhum e Tskhinval volti a dotarsi di strutture di autogoverno efficienti e democratiche. Pochi esperti sono interessati a valutare queste contraddizioni, in un tempo nel quale l’Unione Europea evidentemente ha altri problemi più urgenti da affrontare.