Leopardi, “una gentil senese”, e le fiorentine “sciocchissime, ignorantissime e superbe”

Creato il 29 novembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Maria Teresa Santalucia Scibona
 
A SUA ECCELLENZA CONTE GIACOMO LEOPARDI – RECANATI

  In Siena, il 7 marzo 1992

   Gentile amico Giacomo,

non può immaginare quanto mi ha deliziato leggere il Suo nutrito epistolario, che mi è caro e prezioso come le sue amate e struggenti elegie. Esse, nell’incessante fluire del “reo tempo”, hanno arricchito lo spirito e lenito la mia aspra solitudine.

Ho provato piacere e malinconia nel constatare la cruda somiglianza delle sorti, quanti sentimenti, quante privazioni e condizionamenti abbiamo subito per colpa di una malferma salute.

Anche in questo mite e assolato sabato primaverile, e ormai per troppi mesi, vivo reclusa in casa per una invalidante malattia che ha tarpato le mie ali. Mi creda, non posso fare a meno di pensare che fuori , oltre il mio piccolo terrazzo bordato di rose rosse e di petunie, la frenetica vita continua a pulsare senza di me.

E solo immaginando di essere interamente compresa, da chi ha sofferto, nella carne e nell’anima, gli stessi infelici tormenti, mi ha dato il coraggio di scrivere questa lettera.

Attraverso la fitta corrispondenza da Lei inviata agli amici, in particolare al Suo signor padre Monaldo, alla dolce sorella ( da Lei chiamata vezzosamente Pilla), sono riuscita a percepire i nobili aneliti dell’anima e a ricostruire buona parte della Sua travagliata esistenza.

E’ un vero peccato, che per il disservizio postale, molte importanti missive siano andate smarrite.. Esse ci hanno privato della Sua affascinante scrittura, forse di episodi salienti per gli amici intimi, e altrettanto cari a noi che l’ammiriamo.

Le sarà consolatorio sapere, che anche oggi alle soglie del duemila, con mezzi più tecnologici e rapidi, le nostre patrie poste non brillano per efficienza, troppe lettere ancora si perdono o per “tardanza” ci arrivano dopo qualche mese, proprio come accadeva ai suoi tempi.

Nel bellissimo epistolario donatomi da nonno Raffaele ( lo conservo come una rara reliquia), ho letto con maggiore intensità emotiva, le pagine che delineano la Sua permanenza in Toscana.

Mi è dispiaciuto capire che in principio a Firenze non stesse molto bene, sia per le strade strette (che le sembravano sporchi viottoli), sia per l’eccessivo rumore che tanto l’infastidiva.

L’albergo della Fontana, indicatogli dal Giordani, era ubicato al mercato del grano vicino a Palazzo Vecchio, era forse questo il motivo del rione alquanto rumoroso.

Mi ha sorpreso piacevolmente, l’apprendere che la padrona della Locanda che tutti i giorni Le cambiava la biancheria , fosse “una gentil senese”.

E’ noto che la Firenze di allora, era considerata la città più economica d’Italia, tuttavia Lei , come purtroppo succede anche a  me, stentava a vivere dignitosamente con solo dodici scudi al mese. Cosa dirLe? Gli scenari cambiano, ma i problemi esistenziali per la maggior parte delle persone sono sempre gli stessi!

Amico mio di penna, Le assicuro che oggi la città è divenuta invivibile e alquanto cara. Intorno al centro storico si snodano le stesse anguste strade affollate e ingombre di rombanti motorini e biciclette.

Le romantiche carrozze e i “ fiacres” sono un nostalgico ricordo. Solo qualche rara carrozzella è sopravvissuta per portare a passeggio i turisti.

Ora un traffico caotico e infernale assilla gli abitanti sino a tarda note. Per quella limpida sincerità che deve cementare ogni buona amicizia, non Le nascondo che ho ritenuto eccessivo il Suo severo giudizio sulle donne fiorentine, che le suscitavano ira perché ”sciocchissime, ignorantissime e superbe.”

Forse in quell’afoso Luglio del 1828 la Sua pesante infelicità non traeva conforto, né alcun diletto dalle femmine e conversazioni salottiere, per Lei troppo futili e spumeggianti. Poiché appartengo ad un altro secolo, mi avvilisce il pensiero di non aver avuto il privilegio di conoscerLa , magari per lenire la Sua perenne malinconia.

Con un pizzico di vanità tutta femminile, avrei desiderato dimostrarle, che non tutte le donne toscane sono sciocche e vanesie.

Per la dovuta deferenza alla Sua dotta cultura e al raro ingegno, mi lasci l’innocua illusione, che Ella nel conoscere meglio questa presuntuosa senese, si sarebbe ricreduto, almeno in parte, sulle intellettive facoltà femminili.

Da parte mia, tenace come sono, avrei innescato varie frecce al mio arco…per conquistare la Sua fiducia.

Sapendo di farle cosa gradita, Le avrei preparato con ogni cura.” la ricetta del latte – e- mèle “, che aveva gustato a Bologna . Inoltre, poiché cucinare bene per i propri cari, lo ritengo un doveroso gesto d’amore, per Lei avrei impastato e poi infornato le calde schiacciate pisane, che Le erano piaciute più della “Crescia”.

Mi sarei persino procurata il tabacco “Caradà fino lusso”, che con tanta premura Le voleva inviare madama Adelaide Maestri, da Parma.

Riesco tuttavia a comprendere che l’animata compagnia di Giampietro Viesseux, di Montani, di Forti , Colletta e Capponi, Le fosse più congeniale e stimolante dei mondani pettegolezzi salottieri.

Spesso ho tentato di immaginare le vostre accalorate dispute letterarie, come per l’argomento – Crestomazia poetica – che stava elaborando.

Con sano orgoglio e letizia, ho letto che dopo aver a lungo soggiornato nella mia splendida terra, ha considerato la Toscana, la Sua seconda patria e mi creda, di tale felice scelta siamo fieri ed onorati.

Studiando attentamente i suoi scritti, ormai, credo di conoscere molti aspetti della Sua vita e i lati del Suo carattere schivo e riservato.

Così , sono riuscita ad intuire, che era solito celare nel fondo dell’anima, tutti gli affanni e le vere affezioni, svelate con pudore solo a pochi intimi.

Non le nascondo di essere stata un po’ gelosa di quel tenero amore, germogliato già dal primo fior degli anni, per Pietro Giordani Ho ammirato il vostro radicato sentimento rimasto algido e intatto sino alla morte.  

Obbiettivamente devo ammettere che tale stima era ampiamente meritata.

Pietro infatti si era rivelato un amico sincero, fedele e si era prodigato con generoso slancio, alla diffusione delle Sue esemplari opere.

Egli, tentava di addolcire con consigli disinteressati e discreti, le molte amarezze,

e standole vicino, si rese conto più del Suo signor padre, dei giovanili, impellenti bisogni per poter vivere con dignità. Tale avvilente motivo esacerbava l’estrema sensibilità che si annidava nel Suo animo orgoglioso e ferito.

Ricorda con quanta premura, (nel dì di Pasqua del 1817 ) Pietro esortava da Milano il Suo amatissimo contino a non studiare più di sei ore al giorno, per non debilitare l’organismo già tanto delicato?

Sin da allora il buon Giordani Le suggeriva paternamente di “ passeggiare, cavalcare, schermire, nuotare, ballare, giocare a pallone, a palla e maglio” per assecondare le esigenze della fugace giovinezza e per rinvigorire il corpo.

Dopo tanti anni di sostegno morale e devoto affetto, capisco perché Ella dal soggiorno Pisano, ( il 5 maggio 1828 ) gli scrisse quella bellissima frase:-“…E sappi ( o ricordati ) che fuori della mia famiglia, tu sei il solo uomo il cui amore mi sia paruto tale da servirmene come di un’ara di rifugio, una colonna dove la stanca mia vita s’appoggia….”.

Che meravigliosa attestazione di affettuosa amicizia! Anche se non ne sono degna, quanto quanto avrei desiderato far parte di quel ristretto numero di eletti che Lei considerava amici.

Freud, uno studioso che Ella non ha potuto conoscere scriveva che immortalità significa essere amati da molte persone che non ci conoscono, io invece sostengo che le persone appartengono solo a chi le ama.

Forte della mia convinzione e di un sincero sentimento, che travalica il tempo e lo spazio, Le chiedo umilmente di serbare per me un angolino negletto e appartato nel luminoso giardino del suo cuore e “ remittuntur multa ei qui diligit multum”.

Nota dell’autrice: La mia “lettera impossibile” risponde ad una missiva di Giacomo Leopardi, tratta dall’opera Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni greche triopee da lui tradotte e lettere di Pietro Giordani e Pietro Colletta all’Autore . (Il volume) Raccolto e ordinato da PROSPERO VIANI – Seconda impressione con qualche nuova cura dell’Autore -Vol..II° – 1860 – (editato) – presso Gabriele Saracino –Strada Trinità Maggiore, n.° 41 – Napoli.
L’epistolario fu comprato dal mio nonno Raffaele Santalucia dal Libraio Ferreo Carlo di Nizza  Monferrato
 Artwork, Leopardi on his deathbed, 1837.

 

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