Mentre continuano ad arrivare notizie poco chiare e sempre più discordanti sulla guerra in Libia tra ribelli de CNT e lealisti di Gheddafi, una guerra che doveva essere rapida, e invece si prolunga oltremodo con la sua scia di sangue tutto libico, si apprende con grande piacere che l'antica Leptis Magna, il sito archeologico più importante del Paese è salvo.
Come mai questa guerra fratricida è riuscita a risparmiare un autentico gioiello della passata storia e non solo esso?
La risposta è semplice e disarmante ad un tempo, specie se pensiamo all'incuria in cui versano, ad esempio, a casa nostra, altri siti archeologici non certo meno importanti.
Una esemplificazione per tutte è la Pompei degli antichi romani,che giace alle falde del Vesuvio, in Campania, in pieno degrado.
A Leptis Magna, quando si è capito, che il pericolo era reale e si approssimava anche velocemente, chi era responsabile del sito ha cominciato con il trasportare i reperti più importanti subito in luoghi sicuri,rinchiudendoli in magazzini scevri da ogni sospetto.
Rimaneva però il pericolo di una vera e propria occupazione, che pure come tentativo c'è stato.
Ecco che i cittadini di Leptis Magna, consapevoli di ciò che rischiavano di perdere per sempre, si sono attivati.
E hanno fatto da barriera umana per impedire alle truppe ,dell'uno o dell'altro schieramento indif ferentemente, di penetrare tra le antiche rovine.
Certamente anche un po' di fortuna avrà giocato la sua parte ma la gente comune, a proprio rischio e pericolo, non ha mollato un attimo la posizione di difesa.
E questo fa molto onore ai cittadini di Leptis Magna, colti o incolti che essi siano, perché sì che la ricchezza e il lustro che potrebbero derivare dallo sviluppo turistico futuro significano tanti soldoni e forse più del petrolio (il petrolio potrebbe esaurirsi) ,ma significano anche altro.
Ossia una coscienza storico-culturale del proprio passato, vero amore per la propria terra, quell'amore che Gheddafi invece non ha mai mostrato di possedere se non per esaltare e fare della propria persona esclusivamente un tronfio monumento vivente.
Tanto da non avere difficoltà alcuna, nei fatti, a minacciare e a mettere a sacco, a ferro e a fuoco la sua Libia,pur sapendo di avere ormai i giorni contati.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)






