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Ora immaginate che la compagnia di ballo sia composta esclusivamente da uomini: giovani esili e slanciati, omoni alti due metri e con piedi misura 45, ragazzi muscolosi e villosi, che interpretano sia le parti maschili che quelle femminili, con i loro tutù, gli occhi truccati e i capelli raccolti.
La somma di queste due immagini sono i Trockadero, i Trocks come si fanno affettuosamente chiamare.
La loro filosofia è quella di rendere omaggio al balletto (classico e moderno) mediante un’interpretazione attenta delle coreografie e una qualità tecnica della danza altissima, ma anche di svelarne in qualche modo i vezzi e la teatralità un po’ eccessiva grazie a un’ironia che in parte scaturisce quasi automaticamente dalla contraddizione tra i corpi maschili e le parti danzate, dall’altro nasce dalle buffe e intelligenti variazioni sul tema che i ballerini introducono.
Nessuno più dei Trocks è in grado di far apprezzare il balletto anche a chi – come me – non lo conosce e non lo ama particolarmente, in particolare quello classico. È come se questi ballerini riuscissero a mettere insieme un approccio quasi didascalico, rendendo espliciti ovvero esagerando il contenuto narrativo del balletto, con un approccio filologico, la cui fedeltà all’originale è tale che in alcuni momenti ci si dimentica di star vedendo ballare degli uomini, tanto il loro gioco di gambe, la loro leggerezza, l’armonia dei loro movimenti sono straordinari.
A Roma , all’Auditorium Conciliazione, il 7 e l’8 marzo i Trocks hanno portato un programma composto da Il lago dei cigni – II atto con coreografie di Lev Ivanov, Patterns in space da coreografie di Merce Cunningham, Grand Pas de Quatre da coreografie di Anton Dolin e Jules Perrot e Raymonda’s Wedding da coreografie di Marius Petipa.
Non è mancata nemmeno la morte del cigno, che ha disseminato il palcoscenico di piume prima di accasciarsi al suolo!
Complessivamente uno spettacolo gradevolissimo che vale la pena di essere visto e goduto in tutta la sua “leggerezza”.
Voto: 4/5
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