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Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy

Creato il 15 novembre 2009 da Monietta
Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy

Si muore d’amore solo al cinema

Una cittadina piovosa mai baciata dal sole, due amanti ed una guerra pronta a dividerli: ci sono tutte le condizioni per qualificare la pellicola come un classico melò, se Jacques Demy, pur ricalcandone gli stilemi, non ne confutasse il senso in modo da dar vita ad una pellicola del tutto personale sia nelle tematiche che nello stile; suo esordio nella commedia musicale, Les Parapluies de Cherbourg segnerà la tradizione del musical europeo e in particolar modo di quello francese.
In una Cherbourg avvolta dalla nebbia ma colorata da tenui tinte pastello spiccano due amanti: Guy (Nino Castelnuovo) e Geneviève (Catherine Deneuve); i due giovani si amano alla follia tanto da volersi unire in matrimonio il prima possibile, anche contro il volere della madre di lei, ma Guy sarà costretto a partire per la Guerra d’Algeria e Geneviève scopertasi in stato interessante cederà alle lusinghe del ricco Roland.
La prima commedia musicale di Demy è un compendio di amore sventurato e musica: la pellicola copre un arco temporale di sei anni (1957-1962) ed è divisa, come in atti, in tre parti nelle quali si dispiega l’azione: “Le départ”, “l’absence”, “le retour”. Interamente cantato in ogni sua parte (non soltanto nei momenti salienti come di consueto accade per i musical) ma privo della parte coreografica Les Parapluies de Cherbourg non deve ingannare per la sua apparente aurea romantica: l’amore descritto da Demy affrontato senza il lirismo consueto e si sviluppa secondo le logiche dell’esistenza reale.
Il cineasta è quindi agli antipodi dell’amore cinematografico; se Truffaut affermava spesso che uno dei motivi che più amava nel fare cinema era proprio la possibilità che esso dava di tornare alla sfera dell’infanzia dove i sentimenti sono vissuti in maniera assoluta (ed in particolar modo l’amore), Demy ricrea nella pellicola il sentimento come si percepisce strettamente nella vita adulta e reale dando atto quindi alla “relatività” dei sentimenti, in ogni istante pronti a sfaldarsi e a ricostruirsi secondo ragioni che esulano il “rosa” del mondo cinematografico.
Se escludiamo quindi la parte iniziale, dove Geneviève e Guy vivono il loro amore come una tenera coppia romantica, le altre parti si muovono secondo le logiche della vita vera dove ancor prima che vivere bisogna sopravvivere. Proprio questo sembra stonare (e in ciò la particolarità) con le musiche favoleggianti di Michel Legrand e con la fotografia che colora in tinte tenui gli abitanti e le case di Cherbourg. E’ la storia ad avvicinarci alla necessità, dove l’amore non si può vivere nelle tinte rosa dei grandi romanzi ma spesso è costretta ad essere nera come l’unico ombrello che, forse non a caso, è venduto nel negozio di Geneviéve.


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