L’articolo «La grande prigione di coscienza della Thailandia» – pubblicato su “Le terre sottovento” e firmato da Prachatai Pravit Rojanaphruk – di cui sotto riportiamo un brano, fa capire come le norme che puniscono la lesa maestá, e soprattutto la recente Legge contro i crimini informatici (che aumenta i poteri della polizia nella ricerca di offese al re attraverso internet o cellulare) stiano trasformando il Paese in una gigantesca e invisibile prigione della coscienza, per chi la pensa diversamente sulla monarchia.
Bhumibol Adulyadej in giovane etá
«Così i critici dell’istituzione monarchica devono tenere chiusa la bocca in pubblico, chiudere gli occhi e le orecchie mediante varie forme di censura ed autocensura, o correre il rischio do essere accusato in base alla legge di Lesa Maestà e/o legge del Crimine informatico. In questo aspetto si può percepire e sentire che la società thailandese potrebbe essere davvero simile ad una grande seppur invisibile prigione della coscienza per quelli che pensano criticamente sulla monarchia del paese. Non riesci a vederla ma ne senti le restrizioni quando provi a testarne i limiti, un po’ come delle pareti di vetro».
Non consola che la sorella di Thaksin Shinawatra, l’attuale premier Yingluck Shinawatra, abbia per ora risposto picche alle richieste delle «camicie rosse» d’ammorbidire le leggi sulla lesa maestá. Tuttavia le proposte in tal senso sono sempre piú popolari.
(Francesco Giappichini)