Lettera a un amico pastore valdese

Creato il 16 febbraio 2013 da Spaceoddity

L'amico Peter Ciaccio, pastore valdese, in seguito all'abdicazione di Benedetto XVI ha condiviso con me le sue riflessioni in merito al ruolo della figura papale dall'angolo visuale dei protestanti. Questi, mi sembra di capire, si coagulano intorno al rifiuto di una guida o autorità che possa riunirli "dall'alto". Vale a dire, ma forse capisco male, che luterani, battisti, presbiteriani ecc., più che riconoscersi in una teologia unitaria - ed essenzialmente diversa da quella cattolica e da quella ortodossa - si coalizzano contro la necessità di una guida, che possa appianare le dispute interne in fatto di prassi e dogmi. Non ho la formazione culturale del caso, ma - da uomo di formazione cattolica - provo a ragionarci un po' su e mi sembra che così si vincoli l'unità dei protestanti alla presenza di un'autorità esterna che vi permetta di riconoscervi all'interno di un determinato perimetro.
In più, quest'approccio mi risulta ingeneroso, perché mi pare che un po' filtri e stemperi in una denominazione comune al "negativo" (contro qualcosa) l'identità storica e culturale di alcune compagini che hanno percorsi e dottrine spirituali molto forti (la vostra chiesa, per altro, nasce molto prima di quella luterana, e con ben diverso spirito). Non ho bisogno di ribadire qui con te la profonda simpatia che provo nei confronti della chiesa valdese, che in diverse occasioni è entrata con garbo e con gioia nella mia vita attraverso alcune persone (non ultima la vostra splendida famiglia). Né, credo, ho bisogno di specificare quanto sia stato difficile seguire Joseph Ratzinger in molti suoi passaggi, alcuni dei quali mediaticamente maldestri, se non inopportuni. Io che pure nutro una profonda ammirazione nei confronti delle persone determinate e chiare nell'esplicitare limiti e confini e, sì, dei principi non negoziabili di chi vive in base a quei principi. Come ho già avuto occasione di scrivere e ripeto qui, i principi non negoziabili definiscono una precisa appartenenza culturale e, perciò, non sono estensibili a tutti con una pretesa o una bacchetta magica.
Benedetto XVI è un papa che non favorisce il dialogo e può ingenerare fastidio, di sicuro non è facile da amare: ma, lo capisco bene, il tema del tuo articolo non era tanto lui. Il problema, in linea di massima, è la visuale di una figura che sia in grado di convogliare esistenze diverse. L'uomo ha riconosciuto, in fondo, la sua natura umana e l'incapacità di far fronte a un ministero - la chiamata dello Spirito a guida di tutti i cattolici - tanto impegnativo, inconciliabile. Benedetto XVI, a oggi, rappresenta il paradosso di un'estrema modernità che non si abbandona a nessun pensiero debole. Non so dove porterà questo suo percorso, lo ammetto e non posso esprimermi oltre in merito. Ma davvero un protestante - proprio per il suo essere naturalmente laico (come ho imparato ad apprezzare in voi) - è disposto o anche solo in grado di accettare una rinuncia a un simile dramma: il peso della vita vs. il peso della fede? Il coraggio di osarevs. il coraggio di cedere le armi? Ci vuole ferrea volontà in entrambe le posizioni, a seconda di ciò per/contro cui si combatte e ci vuole la forza di non cercare subito di appianare le divergenze.
Intollerante come sono - e abituato all'intolleranza - in merito a interventi dettati da un apparato politico e verticistico alla mia vita privata, apprezzo in modo particolare la vostra autonomia critica. Però, la mia simpatia per la vostra Chiesa non passa per l'incredibile laicità, che mi lascia un po' spaesato e sulla quale mi pare che scivoli il senso del sacro che un cattolico riconosce in alcune situazioni partecipative; anche se, lo ammetto, alla vostra laicità sono legate alcune battaglie, come quelle sui diritti civili di tutte le coppie e sull'autodeterminazione che - radicalità a parte - condivido a fondo. Non è la laicità, dunque, a tentarmi, bensì l'interrogativo che sta sempre alla base della vostra teologia (per quel nulla che ne conosco), il riunirsi insieme non per affermare urbi et orbi, bensì per indagare (siete sempre alla ricerca, sempre attenti e preparatissimi, né perdete mai il senso della comunità o la ricerca di un ecumenismo: ciò vi rende unici), sperare e per proporre un messaggio cristiano senza burocrazie della certezza o dogmi di infallibilità di ogni sorta. Questo e non l'assenza del Papa o di una gerarchia mi pare il contributo più prezioso e irrinunciabile dei protestanti al dialogo ecumenico e a un messaggio di pace per tutti.


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