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La vera verità sulle pensioni

Creato il 08 maggio 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

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di Giovanni Palladino

Era questo il titolo di un mio libro, edito da Rubbettino nel 2007, successivo ad altri due libri scritti nel 2000 (“NON VIVRAI DI SOLO INPS”) e nel 2004 (“LE PENSIONI DOMANI: SI SALVI CHI PUÒ”). Ma la mia preoccupazione per un sistema pensionistico “folle”, perché finanziariamente insostenibile, risale a molti anni prima. Nel febbraio 1987, come responsabile di STUDI FINANZIARI Spa (gruppo IMI), pubblicai un opuscolo sui gravi difetti del sistema retributivo varato nel 1969 con la riforma Brodolini delle pensioni. E sostenni che, prima o poi, quel sistema sarebbe crollato.

Giacinto Militello, in quel periodo Presidente dell’INPS, si precipitò da Luigi Arcuti, Presidente dell’IMI, per protestare contro il mio opuscolo, definendomi un “terrorista”. Ma fui difeso da Arcuti e non fui… licenziato. Allora il 13 febbraio 1987 Militello organizzò una conferenza stampa per sostenere che “GLI SCENARI DI CROLLO DEL SISTEMA PENSIONISTICO PUBBLICO SONO SENZA FONDAMENTO. I PENSIONATI DEL XXI SECOLO POSSONO STARE TRANQUILLI”.

E ora abbiate la pazienza di leggere altre dichiarazioni rassicuranti di autorevoli personaggi della nostra ex-classe politica e sindacale, la cosiddetta classe dirigente, ma molto poco diligente, previdente e intelligente, per non dire qualcosa di peggio.

ON. LAURA PENNACCHI, SOTTOSEGRETARIO AL TESORO DEL GOVERNO PRODI:

Dalla riforma Dini delle pensioni del 1995 scaturiscono le seguenti parole-chiave: equità, eguaglianza, solidarietà, trasparenza, efficienza, libertà, flessibilità, responsabilità. La riforma, quindi, appare valida sotto il profilo sia della sostenibilità economica che dei valori che incorpora, il che è opportuno sottolineare nel momento in cui non sono pochi quelli che vorrebbero rimettere in discussione l’impianto della riforma, MAGARI PER APRIRE PIÙ SPAZI A UN SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE DI TIPO PRIVATISTICO” (“Il Sole-24 Ore” – 3 settembre 1997).

ON. TIZIANO TREU, MINISTRO DEL LAVORO DEL GOVERNO PRODI:

La prossima legge finanziaria sarà la prima, dopo molti anni, a non contenere tagli alle pensioni. Avevamo un sistema previdenziale che divorava risorse su risorse e che conteneva forti diseguaglianze interne. Adesso non è più così. I dati del primo semestre dimostrano che la stabilizzazione è stata finalmente raggiunta. La riforma delle pensioni è un capitolo chiuso” (“Corriere della Sera” – 19 luglio 1998).

ON. MASSIMO D’ALEMA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO:

Per le pensioni non c’è emergenza” (dalla conferenza stampa di fine anno, 29 dicembre 1999).

ON. VINCENZO VISCO, MINISTRO DEL TESORO DEL GOVERNO AMATO:

Nessun allarme, al massimo qualche ritocco. Ribadisco che negli anni ’90 sulla previdenza abbiamo fatto tre riforme e la situazione del settore in Italia è nettamente migliore di altri paesi europei” (“La Repubblica” – 8 febbraio 2001).

ON. CESARE SALVI, MINISTRO DEL LAVORO DEL GOVERNO AMATO:

Sulle pensioni le cose vanno bene. I dati dell’economia italiana sono positivi e le riforme che sono state fatte ci consentono di dire che c’è assoluta tranquillità, cioè che non c’è bisogno di interventi restrittivi” (“Corriere della Sera – 6 marzo 2001).

PROF. ANDREA MONORCHIO, RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO:

Per me la riforma Dini del 1995 è completa” (“Corriere della Sera” – 8 giugno 2001).

Invito a trovare qualcuno che sia in grado di dire e dimostrare che la spesa previdenziale non sia sotto controllo. Sino al 2025 il sistema è in equilibrio” (“Corriere della Sera” – 22 marzo 2002).

GUGLIELMO EPIFANI, SEGRETARIO GENERALE DELLA CGIL:

Non c’è allarme previdenziale, come affermiamo da tempo” (“Corriere della Sera” – 24 febbraio 2003).

ON. ROBERTO MARONI, MINISTRO DEL LAVORO DEL GOVERNO BERLUSCONI:

Per le pensioni non sono preoccupato né allarmato. La situazione è tutt’altro che drammatica” (“Corriere della Sera – 7 giugno 2003).

SAVINO PEZZOTTA, SEGRETARIO GENERALE DELLA CISL:

Il sistema pensionistico italiano è tra i più moderni d’Europa, perché è riuscito a non rompere la coesione sociale e a equilibrare sistema a ripartizione e sistema a capitalizzazione” (“Il Sole-24 Ore” – 3 agosto 2003).

E ora abbiate la pazienza di leggere cosa scriveva Luigi Sturzo sul “Giornale d’Italia” del 20 ottobre 1956:

È stata, in questo dopoguerra, una jattura per la nostra Patria che Parlamento e Governo, i soli organi responsabili di fronte alla Nazione, abbiano permesso non solo l’ingerenza irresponsabile dei partiti e dei sindacati nelle delicate funzioni del potere legislativo, ma anche tollerato quel loro continuo prevalere che costituisce una vera partitocrazia e sindacatocrazia”.

E all’origine di questo “cancro”, che ha minato la salute della nostra democrazia, vi è un grave difetto morale e culturale di fondo (MANCATA EDUCAZIONE ALLA VERITÀ) denunciato dallo stesso Sturzo nel suo libro “La mia battaglia da New York” pubblicato nel 1949:

ANCHE IN POLITICA NON DURANO A LUNGO L’EQUIVOCO, LA MENZOGNA E L’INGANNO. DIRE LA VERITÀ ED EDUCARE IL POPOLO ALLA VERITÀ È IL PRIMO DOVERE DI UN GOVERNO DEMOCRATICO CHE SI RISPETTI”.

Purtroppo per noi italiani quel “PRIMO DOVERE” è invece mancato per lungo tempo. E per quanto riguarda le pensioni sono prevalsi negli ultimi 50 anni:

l’EQUIVOCO che un sistema previdenziale pubblico possa pensare a tutti, anche ai “liberi e forti”, che hanno invece il dovere di non dipendere al 100% dallo Stato Assicuratore, aderendo – con un intelligente sistema di incentivi fiscali – a un piano di previdenza integrativa di tipo privato, tanto “temuto” dall’On. Laura Pennacchi (vedi più sopra);

la MENZOGNA che i pensionati del XXI secolo potevano dormire sonni tranquilli, perché lo Stato Assicuratore avrebbe mantenuto le sue promesse e sarebbe riuscito a far quadrare i conti;

l’INGANNO di un sistema previdenziale iniquo, perché sta dando poco a tanti e tanto a pochi, a partire dalla classe politica, molto generosa con se stessa nel fissare il proprio “quantum” pensionistico.

Pertanto il peccato originale, in cui è caduta soltanto l’Italia fra i paesi sviluppati, è stato soprattutto di natura culturale. Un’antiquata e deresponsabilizzante cultura di sinistra è riuscita a imporre il suo marchio statalista al nostro sistema previdenziale, dando tanto spazio al “pubblico” e minimo spazio al “privato”. Pochi sanno, specialmente tra i giovani, che l’Italia è stato l’unico Paese industrializzato che ha avuto l’imprudenza di dare ai sindacati le chiavi del sistema pensionistico, perché per decenni al vertice dell’Inps si sono alternati uomini della triade Cgil-Cisl-Uil. Abbiamo così messo le volpi a guardia del pollaio. È poi ovvio che galli, galline e uova siano spariti. E da quel momento sono spariti anche i sindacalisti dal vertice dell’Inps.

È naturale che imporre regole imprudenti porti allo svuotamento della cassa. Quanti sanno che nel 2014 la differenza tra le pensioni pagate e i contributi incassati è stata di 90 miliardi, tutti “coperti” dal debito pubblico, che per il 60% è stato causato dall’accumularsi dei deficit dell’Inps e dell’Inpdap? E ora il governo Renzi, per “ubbidire” alla sentenza della Consulta che ha ordinato il rimborso di quanto sottratto dalla riforma Fornero a più di 5,2 milioni di pensionati, sta pensando di pagare l’indennizzo non in contanti (non li ha), ma con Bot (li può “produrre”)…

E per quanto riguarda il confronto con altri paesi (“il nostro sistema è tra i più moderni d’Europa” sosteneva Pezzotta nel 2003), è bene ricordare che i nostri contributi sociali sono pari al 33,3% del reddito di lavoro, mentre in nessun altro paese sviluppato sono superiori al 20% (negli Stati Uniti sono pari al 12,5%, con generosi incentivi fiscali per la previdenza privata). È quindi un equivoco, una menzogna e un inganno sostenere che le nostre pensioni sono… moderne. E non deve sorprendere il giusto (e sino a oggi inattuato) invito di Benedetto XVI a far emergere una NUOVA generazione di cattolici impegnati in politica. Una generazione che abbia come primo dovere quello di dire sempre al popolo la verità e che faccia prevalere l’etica della responsabilità. Se non ci riusciremo, il pollaio continuerà a restare vuoto.


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