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Lettera a un bambino mai nato

Creato il 18 novembre 2013 da Valeria Polverino @missvalesbooks
Lettera a un bambino mai nato
Buon pomeriggio Booklovers!
Sono reduce da un weekend non entusiasmante e da una pessima prima parte di giornata...spero sia solo un giorno che non va...:(Avendo un po' di recensioni arretrate questa settimana ho deciso di pubblicarne due (se non tre, sperando di riuscirci). Oggi vi voglio parlare dell'ultimo romanzo che ho letto, ovvero il capolavoro di Oriana Fallaci Lettera a un bambino mai nato, edito da BUR, Biblioteca Universale Rizzoli.
Il libro:
Lettera a un bambino mai nato

Titolo: Lettera a un bambino mai natoAutore: Oriana FallaciEditore: BUR Biblioteca Univ. RizzoliCollana: Opere di Oriana FallaciData di pubblicazione: Aprile 2009Genere: Narrativa contemporaneaISBN: 9788817028370Prezzo: € 10Pagine: 131




Alla scoperta di essere incinta una donna non è mai abbastanza preparata: 
«Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi. È stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. Mi si è fermato il cuore». 
Così inizia il monologo della madre alla vita in nuce che porta in grembo. Non sa nulla di quel bambino, sa soltanto che è sangue del proprio sangue, e che dipenderà in tutto e per tutto dalle sue scelte.Ma il fatto che da noi si origini un’altra vita non è cosa da poco; il senso di responsabilità si fa da subito enorme, diventa un fardello troppo pesante, e dà il via a una catena di riflessioni che, partendo dall’origine dell’esistenza, prendono traiettorie impensabili, e possono addirittura spingere a vergognarsi del proprio egoismo.Prima di tutto, se il bambino potesse scegliere preferirebbe nascere crescere soffrire morire, o invece non rinuncerebbe mai al limbo felice da cui è stato generato? Nascere è davvero «meglio di non nascere»? E se il mondo, così irto di ostacoli, non gli piacesse? Non si sarebbe trattato allora di un’imposizione, una spietata violazione? Dall’altra parte, anche l’individualità della donna sarebbe seriamente minata dalla nascita di un bambino; dovrebbe rinunciare a quella libertà che ha inseguito per tutta la vita, e con essa all’attività professionale, alla possibilità di decidere senza impedimenti. L’unico modo per proseguire sulla propria strada, archiviare il problema, consiste nell’annullarlo? E non si tratta forse, anche in questo caso, di un’atroce prevaricazione?Desideravo da tempo leggere Lettera a un bambino mai nato. Ho rimandato la sua lettura fino a settimana scorsa, quando ho sentito che era giunto il momento per farlo. Non è un libro di facile lettura, sebbene consti di poco più di 100 pagine. Adoro lo stile della Fallaci, nei suoi scritti si apre completamente al lettore, gli da la possibilità di penetrare nella propria anima, utilizzando un linguaggio spesso tagliente. Al centro del monologo vi è lei, una futura mamma senza identità, ed il suo bambino. Tanti sono i dubbi che attanagliano la donna: la maternità è un atto d'amore verso il figlio oppure un gesto di puro egoismo? L'aborto equivale ad un omicidio? Nella sua condizione (è una donna non sposata che decide di avere un figlio) come sarà giudicata? Come farà a conciliare i suoi impegni di madre e lavoratrice? Nonostante i mille dubbi si instaura un rapporto amorevole tra madre e figlio: la donna racconta fiabe nei momenti in cui non si fa prendere dallo sconforto, gli parla, è dolce quando descrive lo sviluppo del feto. Elemento fondamentale per il romanzo è il periodo in cui è stato scritto: siamo nel 1975 in piena discussione della legge sull'interruzione di gravidanza che diverrà tale nel 1978. Il ruolo della donna in quegli anni era molto diverso rispetto ad oggi, poche erano quelle che lavoravano ed erano indipendenti completamente. Una donna (cosa che avviene anche nel romanzo) che decideva di avere un figlio fuori dal matrimonio non veniva vista di buon occhio, veniva derisa e giudicata per le proprie scelte.L'aborto non è il fulcro del romanzo, anche perchè la protagonista sin da subito decide di tenere il bambino. Al centro vi è la riflessione sul senso della vita, ovvero che senso ha mettere al mondo un figlio e farlo soffrire, lottare, affrontare difficoltà per poi farlo tornare da dove era venuto?Nella parte conclusiva il bambino viene perso e durante un sogno febbrile la donna è al centro di un processo dove a giudicarla sono il datore di lavoro (se ne infischia della tragedia e si sente quasi sollevato), il padre del bambino (per discolparsi più volte afferma di averla invitata ad abortire sin da subito), l'amica (l'unica a difenderla), i genitori (evitano di giudicarla), i dottori (l'accusano di averla messa in guardia). Punti di vista che rappresentano le coscienze della protagonista.Durante la lettura non vi nascondo di aver provato rabbia in più occasioni: per quanto giustificate le paure della madre, le ho trovate un po' esagerate. Mettere al mondo un figlio deve essere visto come un atto d'amore, l'azione migliore che si possa compiere nella vita (ovviamente questo è il mio punto di vista). Non bisogna pensare che poi si dovrà affrontare dolore, sofferenza...la vita è questa! Al contempo ho apprezzato molto la descrizione del rapporto madre-figlio, soprattutto quando la donna racconta le fiabe o gli parla in maniera amorevole. Sebbene la protagonista sia stata, volutamente, privata di identità, Lettera a un bambino mai nato racconta il punto di vista personale di Oriana Fallaci in tema di maternità e aborto (il racconto trae spunto da due aborti spontanei avuti nel 1958 e 1965).Il romanzo fu scritto nel 1966 e mai pubblicato fino al 1975, anno in cui l'Europeo le commissionò proprio un inserto in tema di interruzione di gravidanza.

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