Ho voluto rileggere a distanza di oltre vent’anni dalla prima volta questo capolavoro della Fallaci. L’ho fatto non tanto per la tematica, dannatamente contemporanea e struggente sino alle estreme conseguenze, quanto piuttosto per “disintossicarmi” da un certo modo di scrivere contemporaneo che dovrebbe quantomeno spingerci a riflettere sull’innegabile abbassamento culturale che sta investendo un po’ tutto il mondo editoriale. Io per prima ritengo di dovermi mettere in discussione. La prosa della Fallaci è divina, sebbene in questo testo persistano, per ovvie ragioni anagrafiche, alcuni arcaicismi che possono farci sorridere. Risulta innegabile, però, il suo modo diretto ed essenziale, ma mai banale di affrontare la narrazione. Profonda stima e ammirazione per una scrittrice vera.
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