Scriveva Rainer M. Rilke ("Lettere ad un giovane poeta"):"nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno. C'è una sola via. Penetrate in voi stesso [...]. Se la vostra vita quotidiana vi sembra povera, non l'accusate; accusate voi stesso, che non siete assai poeta da evocarne la ricchezza; ché per un creatore non esiste povertà né luoghi poveri e indifferenti". Lo ripeto, nel caso vi fosse sfuggito il senso profondo: per un creatore non esistono povertà né luoghi poveri e indifferenti. Questo vorrei fosse scritto per bene su un foglietto ripiegato con cura e sistemato nella borsa fotografica di un adepto della nostra arte. E quando, nei lunghi giorni (la stragrande maggioranza) in cui non si è in viaggio, non si è in luoghi evocativi e suggestivi, ma anzi si è costretti in città, o in luoghi privi di "poesia", lo si dovrebbe tirar fuori, aprire con cura e leggere con attenzione. Noi creiamo la nostra realtà: siamo artisti, se non poeti (ma penso che chiunque sia un poeta, sebbene inconsapevole), e il nostro compito dovrebbe essere interpretare il mondo come esso ci appare, essere attenti e sensibili agli stimoli che il mondo stesso ci fa pervenire, insomma, vibrare in sintonia con l'universo, la cui vibrazione è intensa qui, ora, come domani in qualsiasi altra parte del mondo dovessimo trovarci. A volte mi piacerebbe tornare ad essere giovane, molto giovane, ma con l'esperienza che oggi ho fatto della vita e della professione di fotografo. E' davvero una disdetta che ciò che sappiamo quando cresciamo, non sia a nostra disposizione quando abbiamo 18-20 anni e ogni possibilità, ogni strada ci sembra possibile e aperta. Purtroppo, il più delle volte perdiamo tempo dietro a cose di nessuna importanza; crediamo che diventare un fotografo sia un fatto meramente tecnico (e in parte lo è) e che quando sapremo tutto di tempi di scatto e diaframmi, di profondità di campo e obiettivi, allora realizzeremo grandi foto; contiamo sul fatto che acquisendo una certa indipendenza economica, potremo finalmente viaggiare, e viaggiando scattare meravigliose immagini di uomini e donne dai volti esotici ed espressivi, o di paesaggi da batticuore, o di animali e piante mai visti. Sono i sogni e le aspirazioni di gran parte dei giovani fotografi, destinati il più delle volte a infrangersi contro il muro del già visto e del banale, delle difficoltà economiche e delle delusioni inevitabili. Non ci sono percorsi facili, e solo l'esperienza può fornirci le mappe e la bussola per orientarci: e l'esperienza richiede tempo. E sempre arriva il momento in cui si ha l'impressione che il tempo ci sfugga, e che non ce n'è mai abbastanza. Perché si vorrebbero fare più esperienze, crescere ancora, umanamente e intellettualmente, e invece, pian piano, il tarlo della disillusione ci rende vulnerabili ai rimpianti, al rancore per le occasioni perdute, e finiamo per lamentarci, lamentarci e basta. Io mi sono lamentato moltissimo, e ancora lo faccio, ogni tanto. Mi capita di pensare al tempo che ho sprecato, alle possibilità mancate, agli incroci di destino di cui non mi sono accorto. Ah, se avessi vent'anni e lo sapessi! Ma ne ho più del doppio, e il fatto di sapere certe cose non mi aiuta. Mi aiuta però la consapevolezza della solidità di ciò che ora so, e la certezza di fare bene, ora, ciò che so fare: fotografare. Non ha importanza se gli altri riconoscono o meno questa mia capacità: le foto che realizzo soddisfano la mia anima e il mio intelletto. Crescere e diventare adulti significa anche e soprattutto questo: saper accettare il proprio valore, e sentirsi sicuri che finalmente la strada che si percorre è quella giusta, anche se non sappiamo bene dove ci condurrà. Questa consapevolezza arriva presto per alcuni, molto tardi per altri. Non c'è un percorso standard. Grandi artisti hanno scoperto la propria vocazione molto in là negli anni. Non dovremmo ragionare in termini di carriera: se anche avremo conferma di aver raggiunto il nostro obiettivo al compimento dell'ottantesimo compleanno, che importa? La cosa importante è arrivare, non quanto lungo è stato il viaggio, quanto travagliata la navigazione. Insomma, diventare adulti e diventare bravi fotografi (nel senso più vero e profondo del termine) richiede notevoli capacità di sopportazione e pazienza. Ma forse ne vale la pena. Come diceva Kant, "la più grande ricerca umana è capire cosa si deve fare per diventare esseri umani". Questo significa crescere (e non parlo solo del numero degli anni).
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Scriveva Rainer M. Rilke ("Lettere ad un giovane poeta"):"nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno. C'è una sola via. Penetrate in voi stesso [...]. Se la vostra vita quotidiana vi sembra povera, non l'accusate; accusate voi stesso, che non siete assai poeta da evocarne la ricchezza; ché per un creatore non esiste povertà né luoghi poveri e indifferenti". Lo ripeto, nel caso vi fosse sfuggito il senso profondo: per un creatore non esistono povertà né luoghi poveri e indifferenti. Questo vorrei fosse scritto per bene su un foglietto ripiegato con cura e sistemato nella borsa fotografica di un adepto della nostra arte. E quando, nei lunghi giorni (la stragrande maggioranza) in cui non si è in viaggio, non si è in luoghi evocativi e suggestivi, ma anzi si è costretti in città, o in luoghi privi di "poesia", lo si dovrebbe tirar fuori, aprire con cura e leggere con attenzione. Noi creiamo la nostra realtà: siamo artisti, se non poeti (ma penso che chiunque sia un poeta, sebbene inconsapevole), e il nostro compito dovrebbe essere interpretare il mondo come esso ci appare, essere attenti e sensibili agli stimoli che il mondo stesso ci fa pervenire, insomma, vibrare in sintonia con l'universo, la cui vibrazione è intensa qui, ora, come domani in qualsiasi altra parte del mondo dovessimo trovarci. A volte mi piacerebbe tornare ad essere giovane, molto giovane, ma con l'esperienza che oggi ho fatto della vita e della professione di fotografo. E' davvero una disdetta che ciò che sappiamo quando cresciamo, non sia a nostra disposizione quando abbiamo 18-20 anni e ogni possibilità, ogni strada ci sembra possibile e aperta. Purtroppo, il più delle volte perdiamo tempo dietro a cose di nessuna importanza; crediamo che diventare un fotografo sia un fatto meramente tecnico (e in parte lo è) e che quando sapremo tutto di tempi di scatto e diaframmi, di profondità di campo e obiettivi, allora realizzeremo grandi foto; contiamo sul fatto che acquisendo una certa indipendenza economica, potremo finalmente viaggiare, e viaggiando scattare meravigliose immagini di uomini e donne dai volti esotici ed espressivi, o di paesaggi da batticuore, o di animali e piante mai visti. Sono i sogni e le aspirazioni di gran parte dei giovani fotografi, destinati il più delle volte a infrangersi contro il muro del già visto e del banale, delle difficoltà economiche e delle delusioni inevitabili. Non ci sono percorsi facili, e solo l'esperienza può fornirci le mappe e la bussola per orientarci: e l'esperienza richiede tempo. E sempre arriva il momento in cui si ha l'impressione che il tempo ci sfugga, e che non ce n'è mai abbastanza. Perché si vorrebbero fare più esperienze, crescere ancora, umanamente e intellettualmente, e invece, pian piano, il tarlo della disillusione ci rende vulnerabili ai rimpianti, al rancore per le occasioni perdute, e finiamo per lamentarci, lamentarci e basta. Io mi sono lamentato moltissimo, e ancora lo faccio, ogni tanto. Mi capita di pensare al tempo che ho sprecato, alle possibilità mancate, agli incroci di destino di cui non mi sono accorto. Ah, se avessi vent'anni e lo sapessi! Ma ne ho più del doppio, e il fatto di sapere certe cose non mi aiuta. Mi aiuta però la consapevolezza della solidità di ciò che ora so, e la certezza di fare bene, ora, ciò che so fare: fotografare. Non ha importanza se gli altri riconoscono o meno questa mia capacità: le foto che realizzo soddisfano la mia anima e il mio intelletto. Crescere e diventare adulti significa anche e soprattutto questo: saper accettare il proprio valore, e sentirsi sicuri che finalmente la strada che si percorre è quella giusta, anche se non sappiamo bene dove ci condurrà. Questa consapevolezza arriva presto per alcuni, molto tardi per altri. Non c'è un percorso standard. Grandi artisti hanno scoperto la propria vocazione molto in là negli anni. Non dovremmo ragionare in termini di carriera: se anche avremo conferma di aver raggiunto il nostro obiettivo al compimento dell'ottantesimo compleanno, che importa? La cosa importante è arrivare, non quanto lungo è stato il viaggio, quanto travagliata la navigazione. Insomma, diventare adulti e diventare bravi fotografi (nel senso più vero e profondo del termine) richiede notevoli capacità di sopportazione e pazienza. Ma forse ne vale la pena. Come diceva Kant, "la più grande ricerca umana è capire cosa si deve fare per diventare esseri umani". Questo significa crescere (e non parlo solo del numero degli anni).
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