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Lettera aperta a Raimon Pannikar

Creato il 15 novembre 2010 da Federicobollettin
C’è qualcosa peggiore del terrorismo: l’antiterrorismo.
L’Occidente deve disarmare la cultura.
L’ossessione della sicurezza è figlia della ragione armata.

(Raimon Pannikar)
Lettera aperta a Raimon Pannikar, a due mesi dalla sua scomparsa, scritta dal suo più grande amico in Italia, Achille Rossi di Città di Castello, in occasione di un convegno organizzato da Cipax.
Carissimo Raimon,
sono passati appena due mesi dalla tua scomparsa, ma la tua presenza è più viva che mai nel mio spirito. Ti vedo ancora lì nel tuo studio tappezzato di libri, seduto su quella poltrona che negli ultimi tempi chiamavi scherzosamente “il trono”, quasi per alleggerire di fronte ai tuoi ospiti il peso della malattia. Vorrei continuare con te una conversazione sulla pace iniziata un quarto di secolo fa a Città di Castello. Ci invitavi allora a “disarmare la cultura” sostenendo che la nostra è una cultura armata non tanto perché possiede la bomba atomica, ma perché adopera la ragione come un arma per vincere o per convincere. E spingevi la tua tesi fino ad affermare che c’è una continuità fra una ragione che deve controllare e inseguire la certezza e la deterrenza nucleare: devo possedere l’arma più sicura di quella del mio avversario. Rimproveravi all’Occidente di vivere in una cultura di sfiducia e di guerra. Quelle tue affermazioni, che allora ci sembravano un po’ esagerate, oggi si rivelano invece profetiche. Dopo le due guerre del Golfo, la Bosnia, il Rwanda e l’Afghanistan, il militarismo è ritornato in forze e ha colonizzato la cultura. L’avversario va sconfitto e distrutto per raggiungere la sicurezza e la pace, ci dicono tutti i maîtres à penser e gli imbonitori televisivi. Sulla scia di questa convinzione in Italia abbiamo fatto di meglio: il Ministero della pubblica istruzione, d’accordo con quello della Difesa, ha autorizzato alcune scuole a insegnare ai giovani l’uso delle armi. “Progetto sicurezza” l’hanno battezzato. Tu saresti rimasto sbalordito di fronte a un provvedimento simile e avresti esclamato «non mi dire!», come facevi tutte le volte che ti descrivevo la situazione italiana.
L’ossessione della sicurezza, figlia della ragione armata, ha partorito un movimento localista e xenofobo come la Lega, che proclama la lotta agli immigrati rei di averci rubato il lavoro, portato le malattie, distrutto la nostra identità. Ti saresti stupito che un fenomeno che avrebbe potuto portare a una fecondazione reciproca tra le culture fosse interpretato in una forma così negativa e anticristiana. L’altro fa parte di noi, ci avevi ripetuto nel Convegno del 2006, è l’altra parte che non abbiamo ancora sviluppato o che forse non conosciamo. L’incontro con lui è esperienza di rivelazione, perché ci rivela la nostra incompletezza e la nostra complementarità.
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