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Lettera aperta al genoa cfc

Creato il 23 aprile 2014 da Carloca
LETTERA APERTA AL GENOA CFC
Spettabile Genoa CFC 1893, dirigenti, staff tecnico e calciatori tutti,
vi do una notizia che, forse, spiazzerà molti di voi, ma è confermata da svariate fonti, autorevoli e non: il campionato italiano di calcio "Divisione nazionale Serie A" si articola in 38 giornate di gare. Sì, lo so, è un brodo allungato e annacquato, quasi sempre sciapo, spesso indigeribile: ma così stanno le cose e, finché chi di dovere non imporrà il fondamentale snellimento del torneo col ritorno alle 18 squadre, occorre adeguarsi e comportarsi di conseguenza. No, ve lo dico perché, a giudicare dal comportamento tenuto in campo nell'ultimo mese, sembrate non esserne consapevoli. Perdonatemi l'ironia (inconsistente, lo so: non sono mai stato un arguto umorista) ma quando ci vuole ci vuole. Perché avete staccato la spina, questa è la verità, e gli "spettacoli" da voi offerti in partita lo stanno dimostrando in maniera inoppugnabile. Si badi bene, ci può stare, nel calcio, di inanellare delle serie negative; ci può stare soprattutto per realtà di medio livello come quella di cui voi siete i portabandiera, per squadre le cui risorse di classe sono molto limitate (anche se per il Genoa, come vedremo, è vero solo in parte) e che quindi non possono mantenere un rendimento costantemente elevato per dieci mesi consecutivi. Ci sta tutto, insomma, ma ciò che offende è il modo: cali di concentrazione, ripetuti black out mentali nei momenti decisivi, approccio "ultraleggero" alle partite, superficialità nell'affrontare anche le figure di gioco più elementari, personalità all'acqua di rose, "garra" inesistente. QUALE SALVEZZA? - "D'accordo", potreste ribattermi, "ma nei mesi precedenti abbiamo marciato a ritmi sostenuti, sfoderato intensità agonistica, mostrato scampoli di gioco piacevole e ottenuto risultati che ci hanno consentito di guadagnare con largo anticipo la salvezza, ciò che ci si chiedeva". No, un momento, vi sfugge forse un particolare: la salvezza non è ancora stata raggiunta. Sì, lo so, i miracoli nel football non esistono o quantomeno sono assai rari, e le squadre sul fondo non otterranno mai, tutte insieme contemporaneamente, i risultati che servirebbero per mettere loro al sicuro e inguaiare voi. Ma resta il fatto che, a quattro turni dalla fine, la sicurezza matematica della permanenza in categoria non l'avete ancora conquistata, non siete nemmeno pervenuti alla fatidica quota 40.
Non è un dettaglio da poco: il classico "svacco" finale di tante compagini, triste caratteristica dei tornei a 20, avviene solitamente quando l'obiettivo minimo è stato centrato "realmente", non "virtualmente". Ma voi no, voi siete il Genoa e volete differenziarvi anche in questo. Col risultato che state riuscendo ad avvelenare una stagione che aveva tutti i crismi per essere finalmente tranquilla, dopo due anni di patimenti. Non molto di più chiedeva il tifoso genoano medio: un pizzico di serenità, qualche delusione in meno e soprattutto rispetto, totale e assoluto. RISPETTO - Sì, rispetto è la parola chiave, senza scomodare la "professionalità", che è un concetto molto più complesso e ampio e sulla quale non mi permetto di eccepire. Rispetto per il proprio lavoro e, soprattutto, per la passione (e gli sforzi economici) di chi settimanalmente vi segue: allo stadio, in tv o persino con la cara vecchia radio, poco importa. Rispetto, per un calciatore, vuol dire dare il massimo delle proprie possibilità, atletiche ma soprattutto mentali, fino al termine degli impegni agonistici ufficiali, e non mollare i pappafichi con due mesi di anticipo. Se le partite da giocare sono 38, non se ne possono giocare "davvero" solo 30 per poi sposare una sterile accademia e allentare le redini dell'attenzione. Dico questo perché la stanchezza, gli infortuni di uomini chiave, il logorio psicofisico non bastano a giustificare, ad esempio, sconfitte rocambolesche come quelle con Chievo, Torino e Cagliari, o come quella, sciagurata, con l'Hellas: tutte partite ampiamente alla portata, tutte sistematicamente gettate alle ortiche. Non le giustificano perché, fra un capitombolo e un altro, avete piazzato anche prove di assoluto spessore, ad esempio le gare, pur sfortunate, con Juventus e Milan. E' questo che fa arrabbiare chi vi ama senza essere ricambiato: se si sfoderano prestazioni di così alto livello, ancorché non confortate dai risultati, significa che la stoffa c'è, il materiale, per quanto non eccezionale, è buono, talmente buono da consentire qualcosa di più di un crollo verticale come quello a cui stiamo assistendo impotenti. Sì, perché anche il discorso salvezza (non ancora raggiunta, lo ripeto) lascia il tempo che trova: una squadra che annovera nelle sue file tre potenziali nazionali azzurri (Perin, Antonelli, Gilardino), due giovani promesse nostrane (Bertolacci e Sturaro), nazionali stranieri e vecchi mestieranti che in categoria hanno sempre fatto il loro, beh, aveva il dovere di dare qualcosa di più.
LETTERA APERTA AL GENOA CFC                               Antonelli: uno dei tanti buoni giocatori della rosa genoana
ALZARE IL TIRO - Il tifoso genoano medio si è purtroppo abituato, quasi assuefatto, alla mediocrità e alla modestia di chi troppo spesso ha vestito la casacca rossoblù. Vi si è talmente abituato da credere che voi non siate poi tanto diversi da tanti mezzi giocatori avvicendatisi nel tempo in quel di Pegli: scarsi quelli, scarsi voialtri. E finisce col ripetersi come un mantra, per autoconvincersi, che "la salvezza c'è, di più non si può fare, quindi va bene così e anzi, è già un mezzo miracolo". E invece no, la rosa è da parte sinistra, massimo undicesimo - dodicesimo posto. Questo, quantomeno, sul piano del talento. Come "testa", evidentemente, non è la stessa cosa. Comunque, anche ammesso che abbiate considerato la salvezza come dato acquisito, perché abbassare la guardia? Perché non cercare di dare altre piccolissime soddisfazioni ai tifosi e a un ambiente di nuovo depresso e frustrato, dopo la breve felice parentesi dell'era Milito? Un piazzamento un tantino più prestigioso di un quindicesimo - sedicesimo posto, magari il tentativo di inseguire la zona delle teste di serie di Coppa Italia, o il primato cittadino a cui tutti, anche se in molti minimizzano, tengono follemente. IL GENOA NON E' UNA PROVINCIALE - Forse non ve ne rendete conto, ma la colpa è, certo, di chi non si è impegnato al massimo per farvelo capire: il Genoa non è un club come gli altri: è un simbolo. Sì, capisco, lo dicono tutte le tifoserie di tutte le squadre del globo terracqueo: la differenza è che questo è il club che ha, di fatto, "fondato" il football in Italia, è un pilastro, il più antico e più solido, dell'esistenza stessa del nostro calcio, è onusto di gloria, ancorché un po' impolverata. Quali altre società possono vantare radici, storia e palmarés simili? A fronte di tutto ciò, nessuno vi chiedeva ovviamente di dare l'assalto al decimo scudetto o a un piazzamento europeo,  ma di chiudere questa stagione  rimanendo sempre "sul pezzo" sì: era, ed è, sacrosanto pretenderlo. Giocare qui non è come giocare a Bergamo o a Verona, con tutto il rispetto: se non vi sentite psicologicamente pronti a onorare una maglia fra le più pesanti, se proprio non ne comprendete il significato, se credete di giocare per una provinciale come tante altre, beh, ragazzi, miei,  nessuno vi trattiene, tanto un ingaggio, grazie ai vostri procuratori, lo troverete sempre. CHIUDERE CON DIGNITA' - Sapete cosa si dice in città? Che perderete anche le ultime quattro gare, che avete la sconfitta scritta in faccia. Il sottoscritto, nell'ultimo post a voi dedicato, aveva affermato che fare esperimenti tecnico - tattici in vista del prossimo campionato non ha molto senso, nelle ultime giornate. Ecco, ora invece un significato a quest'ultimo mese di attività lo si potrebbe trovare: lottare e giocar bene, possibilmente facendo punti, non per cercare la conferma in rossoblù (il mercato rimescola le carte, sempre, a prescindere da quello che è stato il rendimento in campo durante la stagione) ma per dimostrare di essere calciatori completi, calciatori da Serie A: perché i calciatori di Serie A, quelli veri, non staccano la spina alla 30esima giornata, se hanno raggiunto un traguardo ne cercano subito un altro, e nello sport è facilissimo trovare nuovi stimoli e motivazioni. Tre anni fa, un Genoa anch'esso già salvo in anticipo chiuse il torneo dignitosamente, battendo tutte le concorrenti alla salvezza, nel segno di una rispettabile "par condicio" calcistica; voi fra qualche settimana vi troverete a dover affrontare, in rapida successione, Bologna e Sassuolo, che si stanno contendendo l'ultimo posto disponibile per sfuggire al precipizio. Ecco, battetele tutte e due, ne avete le risorse, e state pur tranquilli che nessuno avrà la faccia tosta di crocifiggervi perché, pur senza obiettivi reali di classifica, vi siete impegnati alla morte contro compagini che si giocavano la sopravvivenza sportiva. Fatelo, perché chiudere un campionato con otto k.o. di seguito o giù di lì, ve lo dico chiaro, cancellerebbe quanto di buono fatto fino a marzo: significherebbe ripartire da zero o quasi, fra mille incognite, nell'agosto prossimo. Significherebbe veder nascere nuovi dubbi anche sulla guida tecnica, perché nessun allenatore, nemmeno il più amato dalla piazza, nemmeno il più stimato dal presidente, può pensare di passare indenne attraverso due mesi di figure barbine. Un paio di vittorie e qualche punto in più di qui a maggio non cambieranno la storia del Grifone, certo; ma ne salvaguarderebbero l'immagine di ritrovata solidità e credibilità che si era raggiunta quest'anno dopo i triboli e il navigare a vista del passato recente. Pensateci, tutti.
Con stima. 

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