Magazine Legge
fra un po', quando l'orale del concorso in Sicilia e nelle poche regioni residue sarà concluso anche per le classi di concorso relative all'ambito linguistico-letterario, compariranno lunghi e dolenti articoli sullo stato dei prossimi prof di lettere: "Ignoranza diffusa", "Anche nei migliori si ravvisano grandi lacune". La stessa cosa, del resto, è accaduta dopo i famosi test preselettivi. Ho così chiari in mente i toni che si useranno - e i "provvedimenti" che vi si chiederà di prendere - che se volete posso anche scrivere io questi pezzi e rilasciare patetiche interviste sul futuro delle nuove generazioni alle prese con professori incapaci e ignoranti. Così ci portiamo avanti con il lavoro.
Detto questo, visto che non manca poi molto ai miei esami orali, ci si aspetterebbe forse che io mi ingozzassi di dati, di nomi, di leggi, di indirizzi web utili. Non lo faccio per il semplice motivo che, come molti, io non credo a questo concorso. Quel po' che farò servirà solo a non fare troppo brutta figura di fronte ai colleghi di Palermo, visto che non ho avuto la lungimiranza di presentarmi in una regione dove nessuno mi conosca. Vede, quando le scuole sono piene di professori perdenti posto, che andranno giustamente a occupare parte dei cosiddetti posti messi a concorso; quando si ammettono errori nei calcoli del contingente richiesto; quando si strombazza per tutta Italia che si vuole selezionare il meglio dei professori per le future generazioni e poi allo scritto passano assolutamente tutti (AD9 in Sicilia), o male che vada il 90% (ma secondo me tutti), si viene assaliti dai dubbi. Dubbi sulla considerazione che si nutre nei confronti della verosimiglianza stessa di ciò che è stato detto e dell'intelligenza di coloro ai quali lo si dice.
Ammettiamo pure, con buona volontà, che sia vera l'intenzione di rinnovare il parco docenti (un po' come si farebbe con le auto aziendali). L'unico criterio che sta prevalendo al momento è quello statistico. Ci sarà una percentuale di "giovani" professori, tra coloro che si sono iscritti, che entrerà di ruolo. Ma quando tutti passiamo all'orale, è ovvio che molte cose possono succedere (non ultimi vuccano, cciaffico, siccità) per le quali le cosiddette graduatorie di merito dello scritto vengono ribaltate (esautorando così il valore delle correzioni dei compiti). Vorrei capire, in sostanza, come possano andare di pari passo meritocrazia e appiattimento su valori minimi garantiti. Non dico neanche che in questo terno al lotto io non possa estrarre il numero vincente, il principio è ben altro: il senso di impotenza dovuto al fatto che dominano circostanze accessorie, coincidenze, fortuna e fattori meno dicibili in Italia. Poi, certo, chi non compra il tagliando della lotteria non può vincere, e io non sto studiando quel tanto che basterebbe a garantirmelo. Ma non sto sprecando un'opportunità, anzi: sto evitando di sprecare il mio tempo con un'occasione che non è un'occasione di lavoro per me, non è una sfida con me stesso.
Che poi io debba studiare di più e sapere molte più cose prima di mettermi dietro una cattedra (dove sto già da dieci anni), questo è un altro discorso. E non c'entra neanche con l'assoluta arbitrarietà con la quale nelle scuole vengono convocati i supplenti dalle graduatorie di prima, seconda o anche terza fascia in molte regioni. Forse, però, il concorso, e soprattutto un concorso populista e caciarone come questo gestito così, non è lo strumento migliore per ottenere un risultato simile. E soprattutto un concorso come questo non ha alcun diritto di abbassare l'età media dei professori scalzando come se niente fosse persone che lavorano da anni nella scuola: ci vuol poco a modificare una statistica, basta modificare i dati anagrafici. Ed è facile, facilissimo, perché tanto nessuno vi verrà mai a chiedere come mai ci siano stati tanti professori anziani nella scuola italiana e come mai a un certo punto ci siano molti più professori giovani. Nel regno postmoderno dei numeri e delle misure, contano i dati, non come li si ottiene (e si lavora più facilmente con i numeri che non con le persone).
Non sono un contabile di stato, quindi non mi unirò al coro di coloro che vi suggeriscono come sarebbe stato meglio spendere questi soldi, al posto di fare questo concorso (sebbene un'idea me la sia fatta anch'io). Trovo inaccettabile che la retorica dell'età e delle possibilità reali per qualcuno anche senza mafia di sorta (come quelle della lotteria o del totocalcio) passino sulla nostra testa e sul nostro lavoro. E trovo sempre più vergognoso che l'Italia non sappia decidersi tra controllo centralista del sistema scolastico (altri non ne conosco e non mi pronuncio) e progressiva adesione a un mercato più territoriale: ovvero, è inconcepibile che coesistano spinte alla privatizzazione e all'autonomia con verifiche dall'alto (vedi INVALSI) e indifferenziate. Perché, per quanto io sia contrario alla privatizzazione (dal momento che ciò comporta - almeno in Sicilia - solo un rafforzamento di tutte le varie forme di familismo immorale) è evidente che le spinte centripete siano di ordine esclusivamente politico ed estranee all'oggetto di cui ci si occupa, nient'altro che propaganda condita da incompetenza sulla vita reale a scuola.
In effetti, a pensarci bene, questo concorso contempera l'uno e l'altro: il controllo centralista delle assunzioni e le varie derive locali. Non c'è male, come equilibrio. Io però voglio un Ministro che entri a scuola, voglio un Ministro che ci sia, che sia curioso di sapere come vada la scuola, voglio un Ministro che si interessi e faccia cose concrete. Per esempio, esiste davvero, lei, è possibile conoscerla, Ministro? Parlare con lei, provare a discutere di scuola? Di scuola, Ministro, di scuola, non (o non solo) di un capitolo di spese del governo. Di scuola. Ma, scusi se è troppo, avendo tutti i titoli e avendo giocato sempre lealmente finora, voglio anche un lavoro che credo di meritare per la passione che ci metto e per la voglia di farlo sempre meglio.
Palermo, 4 settembre 2013
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