Magazine Psicologia

Lettera dal Forum

Da Renzo Zambello

Riporto una lettera che ho ricevuto sul  Forum di www.psicoterapiadinamica.it. Mi sembra molto significativa, è un urlo che  purtroppo sento sempre più spesso. Forse,  il nostro è il tempo dove Dio non lo si sente e i padri vigliaccamente si nascondono.

Domanda di: Superficie

Gentile dott. Zambello,
le scrivo perchè vivo un disagio. Ho un problema di fondo che permane nonostante la psicoterapia e i farmaci. Sono una ragazza di 33 anni e ho fatto i miei studi universitari con voti brillanti ma ho sputato sangue per laurearmi. Sono infatti una persona rigida chiusa, ho paura degli altri per cui espormi al mondo esterno all’università è stato un supplizio ( avevo persino il terrore di entrare nelle bilbiotehche) . Nonostante questo ho deciso di continuare e fare dopo i 5 anni di studio un master in un’altra università ed ho toccato il fondo: viaggiando molto non avevo più le energie fisiche per restare lucida mentalmente e assorbivo troppe cose negative. La mia giornata era risvegliarmi nel terrore e nello sforzo estremo per non desistere. Ho ingoiato tanti rospi e ho sofferto in silenzio scartata dal gruppo di ragazze normali che frequentavano il master. Socievoli, acculturate, aggiornate, divertenti: normali. Mi sentivo l’animale malato, quasi credevo di puzzare..mi vergognavo di esistere. Eppure la lotta per la soravvivenza mi ha fatta andare avanti. sempre. Ho preso un’altra specializzazione di due anni per realizzare un mio sogno e nel frattempo Ho avuto un lavoro con un responsabile di progetto che mi umiliava perchè non mi credeva all’altezza, visto che all’inizio ho avuto qualche difficoltà nell’abituarmi al lavoro (i medici che mi seguivano all’epoca mi hanno consigliato di scrivere tutto perchè c’erano gli estremi per mobbing) . credo che abbia visto il mio panico e abbia voluto demolirmi. Grazie al sostegno del mio ex ho portato a termine l’incarico. ma ero distrutta senza fiducia in me stessa, convinta di non essere veramente all’altezza. Dopo 7 mesi di disoccupazione trovo finalmente lavoro all’estero dove sono tutt’ora (2 anni). è difficile ricostruirmi la vita qui..ho un ragazzo ma ho paura ad uscire, mi sento a disagio. Al lavoro non apro bocca perchè vige la legge del gruppo dei più forti. Mi sento oppressa. Ho fumato dell’erba e sono entrata in un’analisi profonda di me stessa e riconsiderando azioni e pensieri mi vedo come incredibilmente stupida, inetta, disconnessa a tal punto che mi chiedo come puo il mio ragazzo stare con me. Io voglio convincere me stessa del contrario non mi importa essere brillante o super. Voglio solo fregarmene ed essere più libera. Ho paura di essere pazza. Quando sono in gruppo con amici mi sento come una bimba di 12 anni, non voglio parlare perchè mi sento ridicola e vivo gli incontri sempre come dei fallimenti e conferme della mia diversità. Penso di non avere più voglia di vivere perchè tutto mi conferma che non sono come gli altri ho una tara che svanisce solo se faccio sport intenso..ma non ho tempo per tutto e non ho più voglia di lottare. Eppure una parte di me mi dice che non è giusto che ho il diritto di esistere. Penso che sia meglio essere del tutto malati mentalmente o completamente equilibrati…stare nel mezzo fa stare malissimo. vorrei iscrivermi di nuovo a danza. Nonostante mi piaccia davvero faccio fatica a ripetere la coreografia perchè mi ci va più tempo rispetto agli altri…vorrei riderci su ma mi sento goffa e con una specie di ritardo nel comprendere. capisce come questo problema sia invalidante? Cosa vedo fare secondo lei? Grazie anticipatamente.
Risposta del Dott. Zambello:

Gent.ma Dottoressa,
complimenti lei descrive molto bene il suo disagio e, l’errore che, forse, c’è alla base del suo essere. E’ come se da 35 anni lei lavorasse ai “lavori forzati”. Scopo: cercare di costruire un Sé. E’ chiaro che nessuno l’ha condannata, lei si è condannata da sola ma, forse, a quel tempo, non poteva far altro. Parlo di un tempo lontano, molto lontano, dove forse non c’era ancora il pensiero, la sua parte cognitiva non esisteva ma, una parte del Sé soffriva un deficit di riconoscimento da parte degli altri. Noi ci riconosciamo negli occhi della madre, diceva la Klein. Non a caso, forse, questa necessità di lavorare con il suo corpo. E’ il tentativo di colmare, senza per altro mai riuscirci, quegli antichi bisogni. Poi, la scelta di inseguire il conseguimento di un titolo, di un successo professionale ma, per lei, sono solo sovrastrutture, appunto, “superficie”. Dentro, il vuoto.
Ma, per sua fortuna o forse condanna, non è così, o solo così. C’è dentro di lei una “parte sana” che pulsa e piange, vuole “uscire”, nascere. Lei non ce l’ha fatta e forse non ce la farà mai a “impazzire”. Può, deve nascere, rinascere. Nessuno ce la può fare da solo. Tutti noi abbiamo bisogno di una “madre”, di un “padre” che si prenda cura di noi per crescere. Quel padre e madre biologici da tempo non centrano più, ora lo può fare lei, lei può riconoscersi come padre e madre di se stessa ma, ha bisogno di qualcuno che le permetta di farlo, che renda possibile la “Pasqua”. La psicoanalisi è lo strumento. Non una psicoterapia, tanto meno una psicoterapia cognitivo comportamentale ma, una psicoanalisi. Se avrà il coraggio, le aspetta una lunga attraversata, il deserto ma in fondo c’è la libertà: l’esserci.

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