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Lettera dalla Patagonia

Creato il 28 novembre 2009 da Barbini
Lettera dalla Patagonia
Lo sapevo che non avrei resistito troppo a lungo: sono di nuovo in viaggio verso le terre lontane della fine del mondo, però intanto penso alle vicende di casa.
Raccolgo questi appunti nel bus che, in tre giorni, da Buenos Aires mi porterà nella Patagonia e da lì alla Terra del Fuoco: terre lontane, terre a cui appartengo, così come appartengo alle strade, alle piazze, agli umori di Arezzo. Terre, anche, che mi regalano una distanza preziosa, direi pure necessaria, per osservare, valutare, capire, talvolta addirittura giudicare.
Non so se sia davvero una fortuna o una opportunità, ma in questa lunga tappa di trasferimento dispongo di tempo in abbondanza. Per riflettere, ma anche per navigare su Internet, per perdermi nel grande mare della Rete. Le nuove tecnologie della comunicazione in effetti ti portano anche a questo, ti regalano uno sguardo diverso dalla distanza, un nuovo modo di viaggiare in cui anche da un altro continente puoi mantenere una finestra aperta su casa tua.
Come ora, per esempio. Il bus taglia le distese della pampa e io invece posso informarmi in tempo reale su tutto ciò che succede ad Arezzo. Questo cambia sicuramente anche la qualità del viaggio, però mi aiuta a riflettere anche a questa distanza siderale.
Prima riflessione, anche da qui posso dire la mia. Volente o nolente, perché a volte non è che avrei voglia di dire la mia, solo che i pensieri non li puoi fermare e poi anche le parole per forza seguono.
Seconda riflessione, forse anche questa un po’ scontata, ma che entra nel merito delle cose: quello che non emerge mai dai tanto discorsi è un qualche segno di novità per quanto riguarda la politica aretina.
Intendiamoci, qualche volta vorrei parlare di cose nuove. Per esempio del centro destra di casa nostra, che però ad Arezzo non esiste, né come opposizione né come partito di governo nazionale. Zero assoluto. Prende soltanto i voti.
Piuttosto, le cronache dei giornali raccontano invece di un’altra puntata della saga delle primarie nel Partito Democratico per indicare i candidati al Consiglio Regionale.
Così anche da quaggiù vorrei dire la mia.
Capisco l’obiezione che molti mi faranno. “Anche dai deserti più lontani e inaccessibili, a migliaia di chilometri di distanza Barbini mette bocca sulle faccende aretine. Ma perché non pensa a viaggiare e fotografare i pinguini della Terra del Fuoco?”
La capisco ma è più forte di me. Ho nei confronti del Partito Democratico un sentimento di amicizia e di appartenenza. Voglio partecipare al dibattito e, se pure da molto lontano, esprimere alcune considerazioni sperando che siano intese solo come buoni consigli.
Intanto avrei preferito che anche per la presidenza della Regione ci fossero stati più candidati. Coloro che si erano affacciati dovevano rompere ogni indugio, lasciare da parte regole improbabili, scendere in campo e esaltare cosi i nuovi strumenti di democrazia e di partecipazione. Non è avvenuto così per la elezione del Segretario nazionale del PD? Oggi i fatti e persino i sondaggi danno ragione a quanto è stato fatto, dimostrano che, qualsiasi sia stato il risultato, le primarie hanno fatto bene.
Perché non avere coraggio? Perché non uscire allo scoperto e mettersi in gioco? Perché non chiedere a tutti gli elettori del centro sinistra cosa pensavano delle candidaturae Con il più pulito e democratico dei metodi, il voto, il voto delle primarie che può far giustizia di ogni piccola o grande manovra.
Invece ci sarà un solo candidato e non si faranno le primarie.
Però che siano primarie vere almeno per il nostri candidati aretini al consiglio regionale. Con più candidati possibili, donne e uomini, che abbiano voglia di misurarsi con le sfide difficili della rappresentanza e del governo regionale. E si faccia una campagna elettorale aperta e trasparente, con idee e programmi per questa provincia. Ognuno con le proprie diversità.
Forse non sarebbe male che si rompesse il finto unanimismo. Rendendo trasparente un dibattito che in un partito grande e complesso potrebbe diventare fecondo. Altrimenti il rischio è quello di una deriva piatta e noiosa fatta di dissensi nascosti e posizioni contrapposte.
Quale deve essere l’impegno dei consiglieri regionali alle sfide che Arezzo sta affrontando? Come è possibile sconfiggere le paure della gente sul futuro che alimentano la sfiducia nella politica? E in che modo l’agenda politica deve collegarsi con le questioni locali e in particolare la crisi economica che attraversa, assieme al paese, la nostra città?
Questo, si attendono i cittadini dai futuri rappresentanti in Regione e non sarebbe male se, questa volta, Arezzo riacquistasse il suo posto nel governo regionale. So, per averne fatto parte per quindici anni e quindi per esperienza diretta, che non sarebbe male. (tito barbini - corriere di arezzo sabato 28/11/2009)

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