Quello di oggi è un post molto particolare, scritto dalla mia ospite Ornella Spagnulo. Potremmo chiamarle riflessioni in forma epistolare rivolte ai misteriosi destinatari di tutte le nostre fatiche di scrittori...
Della stessa autrice potete leggere anche: Lettera improbabile di non-presentazione per una casa editrice.
Se invece volete scoprire di più di lei, date un'occhiata al riquadro in fondo.
Caro lettore e cara lettrice,
di questi tempi è meglio che io mi renda conto che potresti essere un lettore solitario e che dovrei cacciare con forza le immagini demoniache che mi spingerebbero a parlare a una folla, quale folla? Me ne sono accorta e non sono più tranquilla: sembrava che tutto mi fosse dovuto e che, al mio debutto, gli altri si sarebbero arresi per acclamare il mio inevitabile successo... e invece tu sei uno, o una, o siete un paio, o cinque o sei o sette e io, con le mie tante personalità, mi sento sola e incompresa a questo mondo.
Perché scrivo? Tu leggi e ci trovi l'appagamento a ogni nevrosi, che sia data dal traffico o dal verde troppo verde. Magari sei uno o una di quei lettori o di quelle lettrici che consumano un libro a settimana. Io non ci trovo tanto appagamento, sai: ci trovo l'estasi, le lacrime, è un gran lavoro interiore per me, rintraccio le emozioni degli scrittori e così vedo i loro corpi nudi distesi al sole nell'Oltreterra. Già, almeno sicuri del loro Parnaso.
Leggo, ma è doloroso. Il meglio è stato già scritto da qualcun altro. Si può solo copiare, anzi, rubare!
Ma tu, lettore, lettrice, dove ti nascondi? No, non tu che leggi, tu quell'altro – o quell'altra – tu che non leggi, che ti nascondi, dove leggi? Che fai? Lo sai quanti sacrifici sto facendo per la scrittura io? Lo sai che passo la maggior parte delle giornate a correggere, chiusa in casa, a sentire come suona una frase leggendola ad alta voce e sembrando una pazza? E la devo rileggere tante volte per capire! Poi ci sono i concorsi, ma devi essere amico di qualcuno per vincere, almeno così mi dice un'amica che prova sempre, specie in quei concorsi dei paesini e anche in quei concorsi un po' più grandi: fanno tutto tra di loro. E ci sono le case editrici. Tempi lunghissimi, email di rifiuto che fanno venire i brividi perché ogni volta ci sei vicino, ci sei così vicino che erano indecisi e te lo scrivono! Loro stavano proprio per sceglierti quando alla fine hanno pensato alle enormi difficoltà, al peso che grava sull'editore che s'impegna a sollevare un'autrice nuova, o un autore nuovo, operazione che richiede anni e anni di ginnastica e si sa che gli editori non sono sempre in forma... Esperti del settore, comunque, giurano che scrivi bene ma a nessuno frega nulla in realtà, almeno non fino a che non riesci a raggiungere i lettori e diventi anche tu potente, in grado di decretare la loro vita o la loro morte – la morte e la vita degli altri scrittori come te.
Poi, trovi una piccola casa editrice che ti nota: vendi i primi libri, fai le presentazioni, ascolti le prime entusiastiche opinioni... Ma gli altri lettori dove sono?
Dove siete, lettori? Sì, lo voglio dire al plurale, io voglio i lettori al plurale! Lettrici! Lettori! Io non voglio stare raggomitolata in un angolo eccetera, non voglio stare in mezzo ai soldati eccetera eccetera, io voglio vivere, sì, ma vivere piena dell'esistenza, riconosciuta anche dagli altri mentre cammino! Non voglio fare che cammino e la gente non mi riconosce. Io voglio essere a-d-o-r-a-t-a! Tutti mi devono leggere nel cervello perché io non sono fatta per essere mite, umile, per nascondere le ferite, io le devo urlare! E non riesco a farmi bastare gli amici, che prima o poi mi offendono perché non mi capiscono, certe volte. Allora mi servono i lettori.
Qualcuno legga quello che ho in mente, perché sennò straborda. Posso essere apprezzata per qualcosa? Il corpo non m'interessa, sto gobba, ho la pancia, ho le gambe pelose, capita, mi depilerò ma non m'interessa, la memoria non mi accompagna sempre, anzi, sono spesso distratta e mi perdo per strada, lasciamo stare il cervello... Però una cosa la so fare. Una cosa la so fare e non voglio maledire nessuno ma mi servono i lettori e le lettrici per questo.
(Prendete per favore queste parole come se fossero un quadro di Lucio Fontana con i graffi sopra al rosso). (Ecco, accartocciate questo quadro e fatene un falò).
(Oppure mettete quella canzone di Kurt Cobain dove lui all'inizio urla, si trova nell'Unplugged in New York). (Bene, ora somministrate degli psicofarmaci al cantante e levategli l'eroina, vedrete che non urlerà più).
(Tenete conto che è estate, e che dovevo andare a mare ma ho un piede fasciato per un intervento però sto bene. Solo che non posso uscire e tutti intorno a me nel virtuale Internet stanno raggiungendo grandi risultati, onoreficenze, pubblicazioni, recensioni in forma di preghiere! E io, che sono qui a leggere Elsa Morante, Il mondo salvato dai ragazzini, io vado lenta, perché sennò finisce). (Capite questo, per favore).
Ornella Spagnulo