Pubblichiamo oggi la lettera indirizzata dalla famiglia D’Andrea al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in relazione alla domanda di grazia posta dal noto assassino.
A S.E. Il capo dello Stato
On. Giorgio Napolitano
Palazzo del Quirinale
00187 Roma
Con riferimento alla richiesta qui pervenuta dalle Massime Istituzioni Italiane, di esprimere il parere in merito alla concessione della grazia al pluriergastolano Vallanzasca, macchiatosi di una serie incredibile di crimini di sangue e di delitti contro lo Stato – e, che assassinò nel 1977, a Dalmine, i Poliziotti M.llo Luigi d’Andrea, mio marito, e il suo collega Renato Barborini – esprimo chiaramente e senza possibilità di ripensamento, in qualità di vedova di un Servitore dello Stato barbaramente trucidato nell’esercizio del proprio! Dovere, il parere fortemente contrario alla concessione della grazia medesima.La nostra posizione non comporta in alcun modo implicazioni emotive, o volontà di vendetta, ma vuole essere un monito forte e inequivocabile, perché nel nostro Paese la certezza della pena sia baluardo fondamentale e imprescindibile, capace di arginare la criminalità e di tutelare la legalità e la democrazia, promovendo il senso civico da parte di tutti i cittadini.
La forte responsabilità che portiamo nei confronti delle giovani generazioni, che dovranno avere modelli credibili di legalità ed autorevolezza, rende inammissibile e inimmaginabile ogni atto di gratuita clemenza nei confronti di un bandito incapace di mostrare il minimo segno di pentimento e costantemente implicato ancor oggi in episodi di arroganza.
La concessione del perdono, che può se mai attingere la sfera strettamente personale delle persone offese e dei familiari delle Vittime, non è di pertinenza di uno Stato, il cui compito primo è tutelare la legalità e garantire il rispetto dei valori morali e civili sui quali si fonda ogni comunità nazionale.
Qualsiasi atteggiamento caratterizzato pertanto da “buonismo accomodante” è inconcepibile e vergognoso e non attiene certo alla sfera della Giustizia, risvegliando unicamente la sofferenza e la rabbia di chi vede anche così vilipeso il proprio Paese, per il quale i nostri Familiari hanno donato il sangue, nel sacrificio estremo della vita.Con deferenza.
Famiglia D’Andrea
Bergamo, 9 novembre 2012