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Lettera di una studentessa a Berlusconi

Creato il 07 dicembre 2010 da Samuelesiani
Ricevo via mail questa lettera che trovo straordinariamente lucida e piena di speranza. A scriverla, una delle studentesse che si ribellano ai tagli nella scuola (grassetto mio).
Buona lettura.
Caro Presidente del Consiglio,
le scriviamo perché sentiamo l'esigenza e il dovere, da studenti e da
cittadini, di spiegare cosa è accaduto ieri. Ci concederà, spero, questa
premessa: molti studenti presenti alla manifestazione non solo non hanno
mai messo piede in un centro sociale ma possiedono anche un'ottima
media; potremmo presentarle più di un libretto, ma non lo faremo perché
noi sappiamo chi siamo e questo è sufficiente.
Ma torniamo al fine di questa lettera e lo facciamo con una domanda che
lei tante volte si sarà posto: perché queste persone- studenti, lavoratori,
artisti, ecc.- manifestano? In genere la risposta è che le rivolte
sono rivolte di "pancia", di fame, dovute alla crisi economica globale.
Certamente. Ma ci permetta di illustrarle un
altro punto di vista e lo facciamo attraverso le parole di uno storico
Edward Palmer Thompson che, in questo saggio che citiamo, riflette sulle
rivolte popolari inglesi del XVIII secolo " 
(...) E' certamente vero che i
disordini erano innescati dai prezzi saliti alle stelle,dagli abusi
compiuti dai negozianti, dalla fame. Ma queste rimostranze agivano
all'interno della concezione popolare che definiva la legittimità e
l'illegittimità dei modi di esercitare il commercio, la molitura del
frumento, la preparazione del pane, ecc. E questa concezione, a sua
volta, era radicata in una consolidata visione tradizionale degli
obblighi e delle norme sociali, delle corrette funzioni economiche delle
rispettive parti all'interno della comunità, che, nel loro insieme,
costituivano l'economia morale del povero. Un'offesa contro questi
principi morali, non meno di un effettivo stato di privazione, era
l'incentivo abituale per un'azione immediata."
Le citiamo infine, uno slogan-accusa che i contadini rivolgevano nel
Settecento ai mugnai,"
il male del tempo": Perché prima rubava ma con
cortesia, ma ora è oltraggiosamente ladro.
Non ci fraintenda. Noi non stiamo accusando il suo governo di essere
oltraggiosamente ladro, noi accusiamo l'Italia tutta di esserlo
.
La nostra patria è divenuta ladra di sogni, di speranze e di verità.
Accusiamo perfino le nostre madri e i nostri padri che continuano a
difenderci dal mondo, da internet e da facebook e non hanno ancora
compreso che in questi anni il vero pericolo sono stati loro, la loro
incapacità di critica, la loro incapacità di volere.
Condanniamo l'indifferenza poiché crediamo che la qualità di una società
è inversamente proporzionale alla quantità degli indifferenti.

E in ultimo condanniamo noi stessi di non essere abbastanza bravi da
rendere chiara l'evidenza. L'evidenza è questa: noi siamo la futura
generazione di precari o meglio, noi andremo a ingrossare le file di
quella che possiamo definire "la classe dei precari".
Così come la
Rivoluzione Industriale ha prodotto la classe operaia, rivoluzionaria per
eccellenza, ecco che questo sistema in cui la speculazione è sfociata
nello sfruttamento, ha provocato la nascita di una nuova classe
rivoluzionaria, i cui membri non formano "strutture", ma i cui legami si
basano sulle relazioni e su una medesima condizione umana
.
Lei ci insegna che un uomo può cambiare un Paese, noi fortunatamente
siamo migliaia, forse milioni.
Sta certamente comprendendo quello che le stiamo dicendo.
Le daremo una dritta, da sciocchi quali siamo. Ciò che deve temere di più
è la felicità pubblica
, ovvero quel sentimento antico quanto la Rivoluzione
Francese, che si spiega più o meno così: l'uomo comprende di essere uomo
solo quando è in movimento,e di questo ne scopre il divertimento,
il piacere, puro, dello stare insieme
. La Felicità Pubblica. Il resto è un
colpevole silenzio e un'inquieta sensazione di noia. Ieri per la prima
volta è tornata. Quello che ha visto non era follia, ma per l'appunto
felicità. Felicità collettiva.
E questa volta sappiamo per certo che lei non potrà comprendere.
Cordiali saluti.

Elisa Albanesi,
Assemblea di Lettere Occupata.

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