«La fisiologia è esclusa dal romanzo, dal teatro, dal cinema. Non si dà mai una sequenza che s'interrompa perché “Lei” d'improvviso ha da evacuare... Si proscrive l'analità, lo stadio anale, mentre nient'altro è più interessante; al contrario, se ne rimuove lo studio specifico al punto tale che la defecazione pensosa, fiera e autorevole come la maternità, si pavoneggia da creazione estetica. Non c'è un'esecuzione musicale dove un qualcuno in scena o nell'orchestra, colto da stimolo più che naturale, incontenibile, interrompa il tutto. Invocazione allo stacco...: “e allora lui che aveva alzato il coltello per ucciderla, disarmato da una diarrea immediata, fugge”; non è più criminale, perché semplicemente sta per farsela addosso».
Carmelo Bene, Autografia di un ritratto, Bompiani, Milano 1995
LUCAS, I SUOI PUDORI
«Negli appartamenti d'oggi si sa, l'ospite va al gabinetto e gli altri continuano a parlare del Biafra e di Michel Foucault, ma si sente qualcosa nell'aria come se tutti volessero dimenticarsi di possedere l'udito ma al contempo le orecchie si orientassero verso il luogo sacro che naturalmente nella nostra società infeltrita si trova appena a tre metri da dove si tengono tali conversazioni ad alto livello, ed è quasi certo che malgrado gli sforzi dell'ospite assente per non manifestare le proprie attività, e quelli dei convitati per aumentare il volume del dialogo, a un certo punto riecheggerà uno di quei rumori sordi che udire si lasciano nelle circostanze meno indicate, o nel migliore dei casi il patetico strappo di una carta igienica di ordinaria qualità quando se ne stacca un pezzo dal rotolo rosa o verde.
Se poi l'ospite è Lucas, il suo orrore può essere paragonabile soltanto all'intensità della colica che lo ha costretto a rinchiudersi nell'ignomignoso stanzino. In quell'orrore non ci sono nevrosi né complessi, ma la certezza di un comportamento intestinale ricorrente, vale a dire che tutto incomincerà, in linea di massima, in modo delicato e silenzioso, ma già verso la fine, in un rapporto analogo a quello fra la polvere e i pallini in una cartuccia, una detonazione piuttosto orrenda farà tremare gli spazzolini da denti nei loro supporti e agitarsi la tenda di plastica della doccia.
Nulla può fare Lucas per evitarlo; ha provato tutti i metodi, quali chinarsi fino a toccare per terra con la testa, buttarsi all'indietro al punto da sfiorare con i piedi la parete opposta, mettersi di lato e perfino, rimedio estremo, afferrarsi le natiche e separarle il più possibile per aumentare il diametro del condotto procelloso. Vana è la moltiplicazione di silenziatori quali il buttarsi sulle cosce tutti gli asciugamani a portata di mano e addirittura gli accappatoi di spugna dei padroni di casa; praticamente sempre, al termine di quella che avrebbe potuto essere una piacevole traslazione, il peto finale prorompe tumultuoso».
Julio Cortàzar, Un tal Lucas, Einaudi-Gallimard, Torino 1994 (traduzione di Vittoria Martinetto)