Letteratura e sindromi

Creato il 26 agosto 2013 da Sulromanzo
Autore: La RedazioneLun, 26/08/2013 - 15:30

Il rapporto che lega a doppio filo letteratura e malattia è consolidato, e non è facile discuterlo, o metterlo in dubbio. Se chiedessimo di alzare la mano a chi non ha mai letto un libro che c’entrasse, anche non in senso stretto, con la malattia, poche mani si leverebbero, forse nessuna.

Un aspetto curioso, a tratti magari un po’ macabro, ma affascinante, è quello legato invece alle malattie che prendono il loro nome da personaggi letterari. Solo se si è disposti a mettere da parte la scientificità a tutti i costi, però.

Per esempio, se soffrite della sindrome di Alice nel paese delle meraviglie, avrete problemi nella percezione delle dimensioni di voi stessi e di ciò che vi circonda, come la piccola eroina del romanzo di Lewis Carroll. Chi invece ha la sindrome di Otello, come la denominazione suggerisce in maniera abbastanza inequivocabile, prova il costante sospetto che il partner lo tradisca, anche senza alcuna evidenza logica.

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Forse più nota la sindrome di Munchausen, disturbo a causa del quale il soggetto, nella maggior parte dei casi di sesso femminile, “finge” una malattia, producendo segni clinici, fittizi, che possono fare pensare a malattie diverse.

Per non dire della sindrome di Pickwick, dal romanzo di Charles Dickens, o di quella di Rip Van Winkle, che in maniera più propria è chiamata sindrome di Kleine-Levin e rappresenta un raro disturbo del sonno.

E poi c’è anche chi soffre della sindrome di Dorian Gray, che però non è ancora accettata dalla comunità medica come una malattia vera e propria; chi ne soffre sarebbe ossessionato dai difetti fisici, e dall’invecchiamento. Peccato che non esista un modo per vendere davvero l’anima in cambio della giovinezza eterna, si direbbe.

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